Sono circa 80 mila le persone che, a Milano e nell’hinterland, si rivolgono almeno una volta all’anno al sistema sanitario per patologie riconducibili a un dolore di difficile controllo che perdura nel tempo. Di questi, circa 10 mila fanno riferimento al Centro terapia del dolore del Niguarda, che promuove, il 23 e 24 marzo nell’Aula magna dell’ospedale, il congresso su Malattia Dolore e Rete Territoriale che ha scelto per questa edizione il tema Il diritto del paziente ad essere creduto.
«Anche quest’anno ci siamo posti obiettivi ambiziosi: fornire modelli di continuità assistenziale ospedale-territorio, fornire conoscenze innovative di ricerca sul sistema dolore, anche in ambito genetico o della fisica quantistica, offrire elementi culturali e formativi su diagnosi, cura e riabilitazione» spiega Paolo Notaro, responsabile scientifico dell’incontro nonché del Centro terapia del dolore di Niguarda. «Non solo. Intendiamo introdurre un focus specifico sui pazienti, che desideriamo sostenere in un percorso di empowerment e presa di consapevolezza» aggiunge Notaro.
Proprio in ottica di empowerment del paziente, il congresso ha previsto quest’anno un significativo impegno sul fronte della comunicazione diretta e “social”: è attiva su Facebook una pagina dedicata che sta già raccogliendo testimonianze e suggestioni da pazienti e familiari.
Il congresso sarà anche l’occasione per presentare la neonata Rete terapia del dolore della città di Milano (Red), attiva da gennaio di quest’anno. Ai fini della costituzione della rete, i promotori hanno condotto una survey su 1.100 medici medicina generale di Milano: il risultato evidenzia una media mensile di 8,6 pazienti per singolo medico affetti da dolore cronico refrattario, riconducibile a patologie plurali quali la sciatalgia, la lombalgia, la neuropatia, la fibromialgia e il dolore oncologico non palliativo.
«Mettere la nostra esperienza al servizio di un progetto articolato come Red ci riempie di soddisfazione» assicura Marco Trivelli, direttore generale del Niguarda. «La nascita della rete rappresenta una mutazione genetica: non più una pluralità di soggetti ospedalieri, con modalità di comunicazione differenti – precisa infine Trivelli – ma un unico sistema di cura al servizio del paziente».
Da Healthdesk