Lo ha annunciato la ministra intervenendo oggi al convegno promosso da Farmindustria a Roma. “La medicina di genere sta cominciando a prendere possesso dei tavoli decisionali, perchè questo non è un fattore politico ma scientifico, e c’è il diritto delle donne ad essere curate così come gli uomini”.
“Oggi più che mai è necessario battersi per il riconoscimento del diritto alla salute delle donne: è infatti singolare pensare che nel 2017 ci sia ancora qualcuno che non riconosce la diversità uomo-donna per la medicina, tendendo a negare tali differenze”. Lo ha sottolineato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, intervenendo al convegno ‘Chi l’ha detto che donne e uomini sono uguali? Pari opportunità nella differenza’, promosso da Farmindustria.
“Spesso – ha osservato Lorenzin – viene detto che una medicina di genere ha dei costi troppo elevati, ma in realtà tutta la medicina moderna tende all’approccio della personalizzazione, e il primo passo è dunque proprio il riconoscimento delle differenze. La medicina di genere, tuttavia – ha proseguito –
sta cominciando a prendere possesso dei tavoli decisionali, perchè questo non è un fattore politico ma scientifico, e c’è il diritto delle donne ad essere curate così come gli uomini”. Lorenzin ha quindi annunciato che l’Italia porterà il tema della salute della donna al prossimo G7 dei ministri della Salute in programma a Milano il prossimo novembre.
“Molto però – ha evidenziato – è stato fatto in relazione alla promozione della salute della donna anche nei nuovi livelli di assistenza: dai nuovi screening gratuiti per le donne in gravidanza – ha ricordato la ministra – al riconoscimento di patologie come l’endometriosi, che solo in Italia colpisce 300 mila donne”. Il punto, ha quindi rilevato Lorenzin, è che “se oggi le donne vivono di più, è anche vero che vivono tali anni male e in modo peggiore rispetto ad altri Paesi; ciò per i carichi di lavoro al femminile ma anche perche’ le donne tendono a non prendersi cura di sè stesse, come piuttosto degli altri o della
famiglia”.
“Quindi – ha concluso – bisogna lavorare di più proprio sulla prevenzione, anche con progetti mirati alle donne anziane e prevedendo percorsi di prevenzione oltre che di riabilitazione”.