L’auspicio è che il medico promuova la salute mediante un corretto counseling, conducendo la donna verso un percorso di crescita culturale e ad una consapevolezza di uno stile di vita salutare per raggiungere in modo consapevole l’autodeterminazione. Per permettere al medico di famiglia di svolgere appieno il proprio ruolo, è fondamentale che si inizi a discutere della creazione di PDTA per la diagnosi e la cura delle patologie femminili.
Dagli anni ’90 fino ad oggi la Medicina di Genere, disciplina che ha il fine di comprendere i meccanismi attraverso i quali le differenze legate al genere agiscono sullo stato di salute e sull’insorgenza ed il decorso delle patologie, ha fatto passi da gigante sia nel campo della ricerca medico-scientifica sia in ambito istituzionale.
Rappresenta, tuttora, un argomento “scottante” su cui si confrontano le Società scientifiche e le Istituzioni, dal Ministro della Salute all’Istituto Superiore di Sanità, dalle Regioni agli Ordini dei Medici, con l’obiettivo di promuovere la salute nei diversi aspetti seguendo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e della Word Health Organizzation (WHO), le quali hanno inserito la Medicina di Genere nell’Equity Act. In questo documento si afferma che il “principio di equità” implica non solo la parità di accesso alle cure di donne ed uomini, ma anche l’adeguatezza e l’appropriatezza di cura secondo il proprio genere, dal momento che la salute non è “neutra” ed anche in medicina va applicato il concetto di diversità per garantire a tutti una reale equità ed il miglior trattamento in funzione della specificità di genere.
Di recente, alla Consulta Femminile della Regione Lazio: “Quale modello di Regione? Il valore sociale e culturale delle competenze femminili”, è stata avanzata la proposta di inserire la medicina di genere nella formazione medica post laurea, successivamente, la recente notizia fa ben sperare sulla sempre maggiore apertura verso tale disciplina poichè 59 Atenei italiani inseriranno la Medicina di Genere nel piano di studi dello studente di medicina.
Ma a che punto siamo in ambito delle Cure Primarie?
Auspichiamo che in ambito della formazione post-laurea e, in particolare, durante il Corso di formazione specifica in Medicina Generale vengano svolte attività seminariali orientate sulla differenza di genere al fine di potenziare le conoscenze relative al ruolo del medico delle Cure Primarie, il quale si fa espressione di sensibilità sociale applicando l’Evidence based Medicine (EBM) ai problemi delle persone e prestando attenzione alla specificità di genere mediante un maggiore approccio olistico.
Dai dati dell’Health Search (HS), emerge che le donne sono le più numerose frequentatrici degli studi di Medicina generale, rappresentano il 58% degli accessi ambulatoriali ed hanno più contatti regolari con i medici di famiglia. Ad un’analisi più approfondita di questi dati, la spiegazione non è da appropriarsi solamente al loro ruolo di “curatrici familiari”, bensì al fatto che si ammalano più frequentemente; infatti, paradossalmente vivono più a lungo (84 anni vs 79 anni, dati ISTAT del 2006), ma non bene a causa di diversi fattori che influenzano la loro “vulnerabilità” in termini di qualità di vita, tanto che si registra un pessimo stato di salute tra le donne (8,3% vs 5,3%, dati ISTAT del 2008).
Alla luce di tali considerazioni, l’auspicio è che il medico di Medicina generale si inserisca nel contesto della “rivoluzione” socio-culturale di genere già in atto, promuovendo la salute mediante un corretto counseling, conducendo la donna verso un percorso di crescita culturale e ad una consapevolezza di uno stile di vita salutare per raggiungere in modo consapevole l’autodeterminazione.
Per permettere al medico di famiglia di svolgere appieno il proprio ruolo, è fondamentale che si inizi a discutere della creazione di PDTA per la diagnosi e la cura delle patologie femminili con le relative agevolazioni nelle prenotazioni di esami diagnostici; è opportuno che vengano proposti percorsi specifici e differenziati nell’ambito dei progetti sperimentali degli Ambulatori di Cure primarie (ACP) e che le realtà delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e delle Unità di Cure Primarie (UCP) diventino fonti per l’estrapolazione di dati al fine di iniziare ed incentivare studi clinici sulle differenze di genere che vedano coinvolti gli studenti di medicina ed i medici in formazione in medicina generale.
L’obiettivo: una medicina generale al passo con i cambiamenti socio-culturali e sempre più attenta alle “differenze di genere”.
Eleonora Grimaldi
Fimmg Formazione Lazio
Osservatorio giovani medici OMCeO Frosinone
Da QS