Perché è importante il tema del fine vita, argomento difficile da affrontare ma ineludibile?
Sì, è importante e anche ineludibile. Quella che abbiamo approvato è una legge attesa, mite e liberale. Ciò di cui si parla non è la cultura della morte, ma è la cultura che parla della morte, la cultura sulla morte e non possiamo voltare la testa dall’altra parte. Per quanto noi vorremmo che le persone care fossero eterne e rimanessero sempre con noi, dobbiamo essere consapevoli che non siamo onnipotenti, ma che possiamo curare e accompagnare. Un provvedimento atteso da anni. Non è una legge di divieti, perché non costituisce un obbligo, ma lascia alle persone la libertà di decidere, con tempo congruo e anticipato, di non volersi sottoporre a determinati trattamenti. Perché avere paura, quindi? Che le persone scelgano. Perché continuare a affidarsi a un paternalismo che non ha più senso d’essere, con i cambiamenti della medicina?
C’è stato un iter parlamentare lunghissimo, circa 3000 emendamenti proposti. Come mai tutte queste difficoltà?
Questa legge arriva dopo un percorso difficile e tortuoso, durato molti anni, ma che si è risolto – lo voglio dire – per il coraggio di tante persone. Non è stato semplice. Nel dibattito in Commissione Sanità al Senato si sono da subito manifestate intenzioni ostruzionistiche: un numero ampio di audizioni, un alto numero di interventi in discussione generale e, infine, più di 3000 emendamenti presentati, con l’intenzione chiaramente ostruzionistica. Dopo aver richiesto diverse volte di ritirare il grosso degli emendamenti e così poter continuare l’esame, dopo l’ennesimo diniego, ha valutato l’impossibilità di andare avanti coi lavori e ha rassegnato le dimissioni da relatrice. Un mio passo indietro per far fare un passo in avanti alla legge. La palla è passata così alla Conferenza dei capigruppo che l’ha calendarizzata in aula. Alla fine ce l’abbiamo fatta, il Senato l’ha approvata definitivamente a larga maggioranza. Comunque, mi preme sottolineare che con il voto a favore della Legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento, il testamento biologico, è stata scritta una pagina di bella politica che dobbiamo a tutti coloro che non ci sono più. Vorrei inoltre dire che questa legge è stata approvata da una maggioranza trasversale, che non ricalca le maggioranze politiche di questa legislatura. È un fatto importante, perché, su leggi che riguardano la libertà, superiamo quel bipolarismo etico che tante volte negli anni passati ha impedito di produrre una seria legge sul fine vita.
Quanto è importante regolamentare un momento così delicato della propria esistenza?
Vorrei ricordare un’altra legge a mio parere molto importante, direi fondamentale la legge n. 38 del 2010 sulle cure Palliative, Una legge straordinaria che dice che la sofferenza non è un destino inevitabile, che il diritto alla morte non è un diritto in sé, ma è un avvenimento della vita che è inevitabile, contro ogni ostinazione irragionevole. Si parla di diritto a non soffrire, di diritto alla dignità nella sofferenza, di diritto a non essere trattati come cavie, della centralità della persona, del rispetto della sua privacy; la morte è una parte, l’ultima, della vita Vorrei che fosse chiaro che le cure palliative hanno una derivazione meravigliosa: il pallium, che è il mantello che amorevolmente viene avvolto intorno al malato, il mantello delle cure sia mediche, sia psicologiche, un concetto altissimo, altro che via italiana all’eutanasia. Si sta parlando di una scelta della persona, non di un obbligo, e di consenso informato, cioè della possibilità da parte della persona interessata di rifiutare determinati trattamenti sanitari, quali ad esempio le forme di accanimento terapeutico o la nutrizione e l’idratazione artificiali. Il consenso informato è la base della relazione di cura e di fiducia fra paziente e medico, e quest’ultimo è tenuto a rispettare le volontà del paziente., e il tempo della relazione fra loro è tempo di cura. Il rapporto medico-paziente, la relazione di cura e il difficile e delicato rapporto fra paura e competenza costituiscono quella «asimmetria», com’è stata definita, che è uno dei punti centrali della modernità. L’ultima parola, però, non può che rimanere alla persona interessata: lo dobbiamo anche alla dignità del medico, persona che non agisce indipendentemente dalla propria coscienza e dalla propria competenza, ma adotta una relazione di cura, nella quale il rispetto della persona è punto etico centrale della sua deontologia. Quando parliamo di terapia del dolore, allora, e di rifiuto di ogni ostinazione irragionevole, dobbiamo anche parlare della vincolatività di queste disposizioni, che recitano la volontà di una persona su sé stessa, secondo il dettato costituzionale dell’articolo 32. Quando parliamo di PEG (gastrostomia endoscopica percutanea), perché diciamo che per farla è necessario il consenso, mentre non può esserci la realizzazione della volontà anticipata per chi non è in grado di scegliere? Questo è il cuore della nutrizione e idratazione artificiali. L’obiezione di coscienza è certamente un giudizio morale, ma il tema sono le ragioni tecniche e professionali, cioè le terapie che allungano solo il tempo che separa dalla fine della vita, dall’ultima fase della vita. La sedazione differisce per procedure e per esiti dall’eutanasia, lo si sappia se si vogliono seguire la medicina e la scienza moderne e non il medioevo. Abbiamo avuto Stamina e abbiamo vinto su Stamina perché, esattamente come dice la legge, c’è stato un rifiuto dei medici e degli infermieri a somministrare trattamenti contrari alla deontologia, questo lo dico giusto per mettere le cose in chiaro. Insomma, nessun medico, nessun professionista della sanità può sentirsi sminuito nel suo ruolo se dialoga col paziente, che è persona, e ne rispetta la volontà: è un segno di grande umanizzazione e di consapevolezza della inscindibilità di cura e terapia, di ascolto e di azione, di professionalità e senso del limite. Nel confronto parlamentare sono state dette cose importanti e ci ragioneremo, ma è certo che la tutela dei minori e degli incapaci c’è, ci sono i diritti, ci sono i registri nazionali, ci sono tutti quegli accorgimenti che aiuteranno l’applicazione di questa legge. Potremo mettere a posto questi problemi adesso che abbiamo una legge. Se non ci fosse, non si può mettere a posto proprio niente, e torneremo di nuovo nel buio e nella mancanza di consolazione e di risposta ai diritti della persona un primo passo è stato fatto: con la Legge di Bilancio è stata istituita presso il Ministero della Salute una banca dati destinata alla registrazione delle Dat.
La legge sul fine vita potrà evitare casi come quello del piccolo Charlie o di DJ Fabo?
Ecco il punto: la possibilità di scegliere con anticipo, affinché non si verifichino più quei casi tremendi. Siamo con Eluana, Walter e con tutti coloro che si sono battuti e non ci sono più, ma l’hanno fatto mettendo la propria vita in mezzo, per poter sancire la libertà di scelta. Non c’è, in questa legge, una corsa a morire, al contrario c’è rispetto, che è cosa ben diversa. È per questo che noi abbiamo aperto una pagina di storia della dignità e dell’umanità. Quella dignità che è dignità del nascere, dignità del vivere e anche dignità del morire.