COMUNICATO STAMPA
Schizofrenia, patologia “giovane” e sociale che grava sugli equilibri delle famiglie e la vita dei caregiver. Partono in Lombardia le attività del progetto TRIATHLON per l’integrazione sociale dei pazienti affetti da psicosi
La survey europea Addressing misconceptions in schizophrenia delinea la schizofrenia come una patologia cronica, con cui convivono per molti anni giovani nel pieno dell’età produttiva: l’85% dei pazienti italiani intervistati ha tra i 18 e i 50 anni.
Anche i caregiver, per lo più familiari, sono persone giovani sulle quali gravano diversi compiti assistenziali, compreso quello di ricordare al paziente di assumere la terapia. “In Lombardia, con una popolazione di circa 9.000.000 di abitanti, la prevalenza di schizofrenia è compresa tra 72.000 e 90.000 abitanti. In carico ai Servizi di Salute Mentale sono solo circa 30 mila” denuncia Claudio Mencacci, Presidente Società Italiana di Psichiatria (SIP).
Superare le criticità nel trattamento della psicosi, permettere un reale ritorno dei pazienti alla vita, sono gli obiettivi dell’innovativo progetto TRIATHLON – Indipendenza, Benessere, Integrazione nella Psicosi, promosso da Janssen in partnership con le principali Società scientifiche in Psichiatria, le Associazioni di volontariato e la Federazione Italiana Triathlon, presentato oggi in Lombardia.
Milano, 11 ottobre 2016 – Una malattia che compromette le prestazioni sociali di persone giovani, nel pieno della vita lavorativa e produttiva, alterando gli equilibri anche all’interno delle famiglie: ancora oggi il “peso” maggiore ricade sulla figura del caregiver, quasi sempre un familiare, che tra i suoi compiti assistenziali deve anche spesso ricordare al paziente di assumere la terapia. È il profilo della schizofrenia che emerge dalla ricerca Addressing misconceptions in schizophrenia, realizzata da Janssen su pazienti e caregiver, presentata oggi a Milano in occasione di un incontro che ha fatto il punto sulle attività del progetto TRIATHLON – Indipendenza, Benessere, Integrazione nella Psicosi, che proprio in Lombardia inaugura una nuova fase con il lancio delle iniziative legate alla dimensione sociale del progetto, finalizzata al reinserimento del paziente. L’incidenza per la patologia schizofrenica è circa 15 casi ogni 100.000 abitanti / anno per i maschi, ovvero 1.350 nuovi casi all’anno su una popolazione di 9.000.000 di abitanti come quella lombarda. L’incidenza nel sesso femminile è lievemente più bassa: 12-13 casi ogni 100.000 nelle femmine, cioè 1.080 nuovi casi all’anno[1]. Ciò significa 2.358 nuovi casi di schizofrenia ogni anno sul territorio lombardo. Parte quindi anche in Lombardia l’innovativo progetto per il reinserimento sociale dei pazienti.
La metà (50%) dei pazienti italiani che hanno partecipato alla survey ha un’età compresa tra i 31 e i 50 anni, il 35% tra i 18 e i 30 anni; conseguentemente, anche i caregiver sono persone giovani nel pieno della loro vita (il 72% ha tra i 28 e i 50 anni), che si trovano a dover gestire da sole l’assistenza, i trattamenti e l’impatto della malattia schizofrenica sulle attività quotidiane del paziente. Dalla ricerca emerge che la preoccupazione maggiore dei caregiver riguarda proprio quest’ultimo aspetto: il 63% degli intervistati teme gli effetti “destabilizzanti” della malattia sul corso ordinario delle attività e si mostra preoccupato per il lavoro, lo studio, lo sport, le attività sociali del paziente.
L’indagine sottolinea una volta di più l’importanza di intervenire “presto e bene”, obiettivo oggi possibile grazie all’approccio integrato di cura e all’evoluzione delle risorse farmacologiche. “I dati che emergono da questa indagine fanno capire quanto sia importante intervenire tempestivamente, oggi più che mai – commenta Claudio Mencacci, Presidente Società Italiana di Psichiatria (SIP) – dati recenti ci dicono che questi pazienti arrivano nei DSM dopo un periodo medio di 7 anni: troppi, se consideriamo che in un periodo così lungo la malattia peggiora, con conseguenze sulle condizioni del paziente e sulla qualità di vita del paziente stesso e della sua famiglia. Inoltre, un intervento efficace dovrebbe essere coordinato e integrato tra le parti: solo così può portare a una reale riabilitazione e al reinserimento nella società”.
Proprio per rispondere a queste esigenze nei mesi scorsi è stato lanciato in tutta Italia il progetto TRIATHLON, promosso da Janssen in partnership con Società Italiana di Psichiatria (SIP), Società Italiana di Psichiatria Biologica (SIPB), Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia (SINPF), Fondazione Progetto ITACA Onlus, ONDA (Osservatorio Nazionale sulla salute della donna), e Federazione Italiana Triathlon (FITRI). Un programma innovativo per promuovere il recupero ed il reinserimento dei pazienti attraverso un approccio integrato, basato sul coinvolgimento di tutte le figure chiave dell’assistenza in tre dimensioni fondamentali – clinica, organizzativa e sociale – che coinvolgerà anche numerosi DSM (Dipartimenti Salute Mentale) e pazienti lombardi.
“Nella regione Lombardia, che spicca per ampiezza e numero dei DSM, dei medici e degli operatori coinvolti – spiega Antonio Vita, Professore Ordinario di Psichiatria, Università degli Studi di Brescia e Direttore Unità operativa di Psichiatria 20 dell’ASST Spedali Civili di Brescia – si sono recentemente svolti i primi 7 eventi formativi clinico-organizzativi in 7 DSM e 4 incontri sulla riabilitazione cognitiva in 4 DSM: tali eventi hanno coinvolto già circa 700 operatori, di cui oltre 300 medici. La Lombardia è molto recettiva a questi stimoli, e grazie ai suoi DSM ben organizzati e all’avanguardia può recepire e integrare al meglio questo ulteriore apporto da parte di un progetto così rilevante. Nel complesso possiamo affermare che il bilancio del progetto in questo momento è estremamente positivo”. I corsi, dopo i primi riscontri, proseguiranno nei prossimi mesi.
Il progetto TRIATHLON è stato fortemente voluto da Janssen, azienda impegnata nella salute mentale e nella cura delle patologie psicotiche: “tra le nostre innovazioni ci sono sicuramente quelle che hanno cambiato il paradigma terapeutico di questi disturbi nel corso della storia della medicina. Così come oggi stiamo studiando nuove soluzioni che speriamo possano rappresentare, nel prossimo futuro, passi in avanti altrettanto importanti», dichiara Massimo Scaccabarozzi, Presidente e Amministratore Delegato Janssen Italia. «Anche per questo programma ci siamo fatti guidare dall’innovazione, che è la nostra stella polare. Confermiamo di voler proseguire con questo progetto, visti i risultati raggiunti”.
La dimensione clinica del progetto prevede eventi formativi ECM supportati da Janssen, orientati in primo luogo all’importanza di una diagnosi e di un intervento precoce e ai requisiti del trattamento farmacologico, oltre ad altri aspetti fondamentali quali la riabilitazione cognitiva e la psicoeducazione.
Uno degli aspetti problematici nella gestione della schizofrenia che emerge dalla survey Addressing Misconceptions in schizofrenia riguarda proprio la gestione e l’adesione alla terapia; i pazienti infatti spesso non sono in grado di ricordarsi quando assumere la terapia e devono far riferimento ai caregiver (55%) o al personale sanitario (50%). Ancora esiguo (10%) il numero di pazienti che si avvalgono di device tecnologici: “se i pazienti vengono trattati precocemente, con approcci multi-disciplinari e integrati, è possibile il raggiungimento di una completa autonomia psicosociale – dichiara Andrea Fiorillo, Professore, Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli SUN – strumenti come “On-track”, che facilita l’interazione tra medico, paziente ed équipe psichiatrica e “Allenamente”, per allenare le funzioni cognitive del paziente, sviluppati nell’ambito del progetto TRIATHLON, rappresentano due validi esempi”.
La survey evidenzia come la terapia farmacologica sia la strategia terapeutica principale per la quasi totalità dei pazienti (80%) ma evidenzia anche come solo meno della metà (43%) esprima soddisfazione per le terapie assunte e come ci sia un uso ancora limitato (19% dei pazienti) di terapie, come quelle iniettive a lunga durata d’azione, che potrebbero permettere una maggiore autonomia del paziente e quindi una migliore gestione della dimensione sociale.
“Nell’ottica di un approccio innovativo alla presa in carico del paziente è bene valutare l’opportunità di utilizzare trattamenti che consentano la continuità delle cure, come i cosiddetti farmaci LAI, long acting injectable – spiega Eugenio Aguglia, Presidente Società Italiana di Neuropsicofarmacologia (SINPF) –Un intervento farmacologico immediato e continuo riduce di circa il 60% l’incidenza di ricadute: è la premessa per migliorare e accelerare molto il reinserimento lavorativo e quindi concretizzare la riabilitazione del paziente, non solo in termini sociali, ma socio-relazionali e riabilitativi”.
La terza dimensione, quella sociale con il reinserimento del paziente psicotico nella vita di tutti i giorni, prevede diverse attività con l’obiettivo finale di migliorare l’indipendenza e il benessere soggettivo del paziente e favorire l’integrazione nella società e le opportunità d’inserimento lavorativo. In questa dimensione gioca un ruolo importante l’attività fisica: “Negli ultimi anni si sono accumulati numerosi studi sul valore dell’esercizio fisico nelle persone affette da schizofrenia – dichiara Emilio Sacchetti, Past President Società Italiana di Psichiatria (SIP), Professore Ordinario di Psichiatria e Direttore Dipartimento Salute Mentale dell’ASST Spedali Civili di Brescia – i dati sono tanti e, direi, molto forti nel senso che le evidenze non lasciano dubbi sull’importanza degli effetti positivi e dei benefici che l’attività fisica, intesa non come sport competitivo bensì come esercizio regolare e costante, ha nel ridurre e migliorare i sintomi tipici delle psicosi, le performance cognitive e il benessere complessivo del paziente”.
Ora in Lombardia è in partenza proprio la “dimensione sociale” del progetto, con le attività organizzate con i trainer della FITRI – Federazione Italiana Triathlon, che dal prossimo 18 ottobre partiranno anche in Lombardia per guidare in un percorso che culminerà nel Primo campionato di Triathlon a squadre della salute mentale. Ma non solo: c’è anche una novità che riguarda il reinserimento socio-lavorativo delle persone con psicosi, realizzata con il supporto di ONDA. “Uno dei problemi della malattia psichica è la giovane età’ dei pazienti e l’abbassamento della loro autostima – spiega Francesca Merzagora, Presidente ONDA, Osservatorio Nazionale sulla salute della donna – proprio per supportare questo aspetto così vitale abbiamo pensato ad una modalità innovativa per potenziare la dimensione sociale e il reinserimento socio-lavorativo dei pazienti: un corso per il patentino europeo del computer per dotare questi giovani di competenze digitali di base. L’iniziativa coinvolgerà nell’arco di un anno 37 Dipartimenti di Salute Mentale e circa 100 pazienti in tutta Italia.” La Lombardia farà da apripista con 14 corsi ECDL in partenza.
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[1] (Cascio et al., Early Intervention in Psychiatry 2012; 6:115-127)