L’ASCO (American Society of Clinical Oncology) pubblica un position statement sull’alcol come fattore di rischio per una serie di tumori, da quelli del distretto testa-collo, all’esofago, al colon, al fegato e nella donna anche il tumore della mammella. Il rischio aumenta con la durata e con la quantità del consumo ma per le donne basta superare la soglia di un drink al giorno (pari a 14 grammi di alcol) per rischiare un tumore della mammella. Rischio che persiste per circa 20 anni, una volta dismessa l’abitudine del bere
Bacco e Venere non sono certo un’accoppiata vincente. E a sottolineare quanto pericolose siano le bevande alcoliche riguardo il rischio tumore, soprattutto per le donne, l’ASCO ha redatto un position paper, pubblicato su Journal of Clinical Oncology.
Il consumo di alcol si associa ad un aumentato rischio di vari tipi di cancro, quali mammella, colon, esofago, testa-collo, fegato. L’alcol insomma è un chiaro fattore di rischio per cancro e secondo l’ASCO, almeno il 5-6% dei nuovi casi di tumore e, a livello mondiale, il 20% di tutti i decessi da tumore possono essere imputati all’alcol. Un problema non da poco negli Usa dove un americano su 3 ad un certo punto della vita sviluppa un disturbo da abuso di alcol e il 70% della gente non riconosce nell’alcol un fattore di rischio per tumore, come emerge dalla National Cancer Opinion Survey commissionata dall’Asco alla Harris poll all’inizio dell’anno e pubblicata il 24 ottobre. Una ricerca questa che ha coinvolto con interviste telefoniche oltre 4 mila americani, un campione rappresentativo della popolazione stelle e strisce.
Ma l’ASCO non si limita a registrare il problema della scarsa awareness rispetto all’associazione alcol-tumore; nella stessa pubblicazione fornisce una serie di raccomandazioni circa l’auspicabile implementazione di policy basate su evidenze che potrebbero aiutare a ridurre il consumo di alcol.
Tra queste, la proposta di ridurre il numero di negozi con licenza di vendere bevande alcoliche e di limitare i giorni e le ore di vendita al pubblico.; quella di aumentare le tasse e il prezzo degli alcolici; di inasprire le leggi contro chi vende alcol ai minori; di limitare l’esposizione dei giovani alle pubblicità di bevande alcoliche; di includere misure di controllo del consumo di bevande alcoliche all’interno delle strategie oncologiche complessive; di supportare tutti gli sforzi per eliminare il ‘pinkwashing’ (cioè gli atteggiamenti di marketing ammiccanti nei confronti delle donne) dal marketing delle bevande alcoliche (ad esempio lo sfruttamento del colore rosa, o anche peggio l’uso dei fiocchi rosa, quello del mese della consapevolezza del cancro della mammella, per sottolineare l’impegno dei produttori di bevande alcoliche nel sostenere la ricerca sul cancro della mammella).
“Con questo position statement – afferma Noelle K. LoConte, primo autore del documento e oncologa presso il Carbone Cancer Center dell’Università del Wisconsin – l’ASCO riconosce che un consumo anche solo moderato di alcol può causare il cancro. Quindi, limitare l’assunzione di alcol significa prevenire i tumori. La buona notizia è che, così come la gente si mette le creme solari per proteggersi dal rischio di tumori della pelle, allo stesso modo, limitare l’assunzione di alcol è un qualcosa che la gente può fare per ridurre il rischio di sviluppare un tumore”.
L’eccessivo consumo di bevande alcoliche non solo aumenta il rischio di tumore come visto, ma ne ritarda anche la diagnosi e impatta in maniera negativa sull’esito del trattamento. Già da tempo, varie società scientifiche americane hanno redatto degli statement nei quali si invitano i maschi a non superare due drink (1 drink corrisponde a 14 grammi di alcol) al giorno e le donne 1 drink al giorno; ma ancora meglio sarebbe non cominciare proprio a bere.
L’alcol, una volta ingerito subisce una trasformazione enzimatica (mediata dall’alcol deidrogenasi) che lo trasforma in acetaldeide, un noto cancerogeno ; i forti bevitori rischiano soprattutto di sviluppare tumori del distretto testa-collo e dell’esofago. Ma non è solo questione di quantità. “Un’eccezione rimarchevole – prosegue la LoConte – è il tumore della mammella; il rischio di questo tumore aumenta anche con un solo drink al giorno.
Le donne dunque sono particolarmente vulnerabili, così come gli orientali portatori di una variante del gene dell’alcol deidrogenasi che li pone a maggior rischio. L’alcol può anche influenzare il livello degli ormoni sessuali, sia nel maschio che nella femmina e si ritiene che questo sia il meccanismo patogenetico alla base del cancro della mammella. Chi beve molto inoltre presenta bassi livelli di folati, altro noto fattore di rischio per il cancro del colon. “Insomma – conclude la LoConte – l’effetto cancerogeno dell’alcol si può estrinsecare percorrendo diversi pathway patogenetici”.
Smettere di bere, significa ridurre il rischio di ammalarsi di cancro; ma perché questo rischio diminuisca in maniera consistente, ci vuole tempo, anche 20 anni. Mischiare fumo e alcol è poi quanto di peggio si possa fare.
Infine, i bevitori hanno in genere degenze ospedaliere più lunghe, presentano una maggior numero di complicanze chirurgiche, insomma costano di più alla società. “Smettere di bere (così come smettere di fumare), oltre a far bene ai singoli individui – conclude la LoConte – consentirebbe insomma notevoli risparmi e permetterebbe dunque di curare meglio la gente”.
Maria Rita Montebelli
Da QS