Anche nell’era attuale di cure più efficaci, scoprire un cancro quando è di piccole dimensioni fa ancora la differenza in termini di mortalità, almeno secondo quanto conclude sul British Medical Journal uno studio svolto su una coorte di donne con cancro mammario. I ricercatori olandesi, coordinati da Madeleine Tilanus-Linthors del Dipartimento di chirurgia all’Erasmus University Medical Centre Cancer Institute di Rotterdam, scrivono che i fattori tradizionali, come le dimensioni del tumore e il numero di linfonodi positivi sono tutto sommato ancora quelli che hanno un’influenza significativa sulla sopravvivenza globale, indipendentemente dall’età del paziente e dalla biologia del tumore. Dato che I tassi di mortalità per cancro al seno sono calati in modo significativo in tutto il mondo negli ultimi decenni, soprattutto grazie alla diagnosi precoce e ai progressi terapeutici, qualcuno ha suggerito che i fattori prognostici tradizionali, come le dimensioni del tumore e il numero di linfonodi positivi, non fossero d’aiuto a prevedere la sopravvivenza. «E se invece lo sono, il loro valore predittivo resta sconosciuto» aggiungono gli autori, che hanno confrontato la sopravvivenza globale di 173.797 donne con cancro mammario in due intervalli di tempo, ossia nel 1999-05 e nel 2006-12 utilizzando i dati del Registro tumori olandese. «Rispetto al primo periodo i tumori diagnosticati nel secondo erano più piccole, avevano più spesso i linfonodi negativi ed erano a minore invasività» riprende la chirurga, aggiungendo che rispetto al 1999-2005, la sopravvivenza era maggiore nel 2006-2012 in tutti gli stadi della neoplasia, specie nelle pazienti di età superiore a 75 anni. I ricercatori sottolineano che lo studio è di tipo osservazionale, e che nessuna conclusione definitiva può essere tratta su eventuali nessi causa-effetto. «Tuttavia, sembra proprio che le dimensioni del tumore e il coinvolgimento linfonodale facciano ancora un’importante differenza sulla mortalità» conclude Tilanus-Linthors. E in un editoriale Harold Burstein della Harvard Medical School commenta: «Con la diagnosi precoce e i progressi terapeutici stiamo facendo progressi costanti contro il cancro al seno, e una delle prossime sfide è costruire modelli di screening e trattamento che implementino i dati dello studio olandese».
Bmj 2015. doi: 10.1136/bmj.h4901
http://www.bmj.com/cgi/doi/10.1136/bmj.h4901
Bmj 2015. doi: 10.1136/bmj.h5273
http://www.bmj.com/cgi/doi/10.1136/bmj.h5273
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