Il lavoro di un gruppo di ricercatori italiani, ginecologi ed oncologi, su oltre 2500 donne con familiarità per tumore al seno ha mostrato che non c’è aumento del rischio. L’analisi retrospettiva di coorte ha rilevato che l’uso di contraccettivi ormonali combinati non aumenta il rischio di tumore al seno, anche in caso di gruppi ad alto rischio e a rischio intermedio.
I contraccettivi ormonali combinati (CHC), cioè quelli che contengono sia un estrogeno sia un progestinico, sono i metodi di contraccezione più utilizzati nel mondo. Spesso sono accusati di favorire la comparsa di tumore al seno ma un nuovo studio, condotto da un team di ricercatori italiani dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, dimostra il contrario. La ricerca ha riguardato una campione di 2527 donne a rischio familiare di tumore al seno, anche portatrici della mutazione BRCA (come l’attrice Angelina Jolie). L’analisi retrospettiva di coorte ha rilevato che l’uso di contraccettivi ormonali combinati non aumenta il rischio di tumore al seno, anche in caso di gruppi ad alto rischio e a rischio intermedio.
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