Secondo il parere di una Commissione di esperti pubblicato su The Lancet, le donne contribuiscono per circa 3.000 miliardi dollari all’assistenza sanitaria globale, ma quasi metà del loro contributo non è pagato né riconosciuto. La Commissione, presieduta da Ana Langer, responsabile dell’iniziativa Donne e salute alla Harvard TH Chan School of Public Health di Boston, propone un’analisi esaustiva sulle complesse relazioni tra donne e salute, dimostrando che il loro peculiare contributo al benessere della società civile è poco riconosciuto ed è sottovalutato in termini economici, sociali, politici e culturali. Esordisce Langer: «Troppo spesso la salute femminile è essenzialmente assimilata a quella materna e riproduttiva, ma è tempo di riconoscere non solo i bisogni sanitari delle donne nell’arco della vita, ma anche il loro contributo produttivo nel campo dell’assistenza sanitaria e per la società nel suo complesso, oltre al ruolo altrettanto importante come madri e casalinghe. Aggiunge Afaf Meleis della University of Pennsylvania School of Nursing a Philadelphia, copresidente della Commissione assieme a Langer: «Le aree urbane spesso si sviluppano senza contributi femminili e senza affrontare le esigenze delle donne in tema di adeguata illuminazione, trasporti sicuri, accesso a un’alimentazione sana e all’assistenza sanitaria». E questo le pone a maggior rischio di violenza, di malattie non trasmissibili e di una vita quotidiana sovraccarica di stress, mettendo in pericolo anche il benessere delle loro famiglie. «La parità di genere deve essere al centro di tutte le politiche e di interventi mirati a migliorare l’assistenza sanitaria e lo sviluppo sociale ed economico, specie dopo il 2015» sostengono gli autori, che hanno analizzato i dati di 32 paesi, pari al 52% della popolazione mondiale, stimando che il valore finanziario del contributo delle donne al sistema sanitario nel 2010 è stato il 2,47% del prodotto interno lordo (Pil) globale e al 2,35% del PIL per il lavoro non retribuito. «Il ruolo di casalinga è ufficialmente riconosciuto e ricompensato solo in pochi paesi, tra cui il Costa Rica, la Turchia e il Regno Unito» sottolinea Langer, ricordando che medici e infermieri sono la grande forza lavoro globale dell’assistenza sanitaria, e che molti di loro sono donne che lavorano in ambienti non protetti e senza che il loro ruolo sia riconosciuto in modo congruo alla formazione ed esperienza. «Tutto questo può portare al burnout, con logoramento della salute loro, della famiglia e dei pazienti» concludono gli esperti, esortando le donne a partecipare a tutti i livelli del processo decisionale nella società, e a promuovere la loro leadership nel campo della salute a livello nazionale e internazionale.
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