Secondo quanto emerge da uno studio recentemente pubblicato su The Lancet Psychiatry, la terapia cognitivo-comportamentale in aggiunta alla terapia standard che include antidepressivi è clinicamente efficace anche dopo anni dal termine del trattamento nei pazienti depressi che non hanno tratto beneficio dalla terapia farmacologica. Sono i risultati del follow-up a lungo termine dello studio CoBalT che aveva coinvolto poco meno di 470 persone, 248 delle quali hanno completato lo studio a lungo termine. «La terapia cognitivo-comportamentale è efficace nel trattamento della depressione anche per chi non risponde ai farmaci antidepressivi» spiega Nicola Wiles, del Centre for Academic Mental Health dell’Università di Bristol (Regno Unito) e prima autrice della ricerca che poi aggiunge: «Ma ad oggi non ci sono prove concrete a sostegno dell’efficacia a lungo termine di questo tipo di trattamento».
E proprio per valutare la durata degli effetti positivi della terapia cognitivo-comportamentale sulla depressione Wiles e colleghi hanno analizzato dopo un follow up di poco più di tre anni i punteggi nel Beck Depression Inventory [BDI-II] ottenuti dai pazienti coinvolti nello studio. «Il punteggio medio nel gruppo che aveva usufruito anche della terapia cognitivo-comportamentale era 19,2 contro 23,4 nel gruppo sottoposto alla sola terapia standard» afferma l’autrice precisando che il follow-up è stato in media di 40 mesi dal termine della terapia. «Anche l’analisi costo-efficacia è a favore dell’introduzione della terapia cognitivo-comportamentale in questo contesto» aggiunge Wiles che poi conclude: «Di fronte a simili dati di efficacia a lungo termine e ai dati di stampo economico, i medici dovrebbero prendere in considerazione la terapia cognitivo-comportamentale per i pazienti depressi che non rispondono alla terapia farmacologica». «Questi risultati suggeriscono l’uso della terapia cognitivo-comportamentale per alcuni pazienti depressi, ma fanno anche sorgere alcuni dubbi: servizi di alta qualità sono oggi disponibili nella routine clinica? È possibile raggiungere risultati simili con altri approcci psicologici?» commentano in un editoriale Rudolf Uher e Barbara Pavlova della Dalhousie University di Halifax, in Nuova Scozia (Canada).
The Lancet Psychiatry. doi: 10.1016/S2215-0366(15)00495-2 http://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(15)00495-2/abstract
The Lancet Psychiatry. doi: 10.1016/S2215-0366(15)00578-7 http://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(15)00578-7/abstract
Da Doctor33