Questi composti, a loro volta, ridurrebbero infiammazione e regolerebbero il senso di sazietà, con effetti benefici sul diabete. Lo studio è pubblicato su Science
Le fibre alimentari promuoverebbero lo sviluppo, a livello intestinale, di una tipologia di batteri in grado di produrre acidi grassi a catena corta, che a loro volta sarebbero associati a un miglioramento dei livelli di emoglobina A1c nei pazienti con diabete di tipo 2. È quanto avrebbe evidenziato uno studio pubblicato su Science e coordinato da Liping Zhao, della Rutgers University di New Brunswick, nel New Jersey.
La premessa
I batteri intestinali producono acidi grassi a catena corta attraverso la fermentazione batterica di carboidrati cosiddetti ‘non disponibili’ e questi composti ridurrebbero infiammazione e regolerebbero il senso di sazietà. Una riduzione nella produzione di questi acidi grassi sarebbe stata associata a diabete di tipo 2 e ad altre malattie.
Lo studio
Zhao e colleghi avrebbero preso in considerazione 27 pazienti con diabete di tipo 2 ai quali è stata prescritta una dieta ricca di fibre con cereali integrali, alimenti della medicina tradizionale cinese e prebiotici (Wtp), e 16 pazienti che ricevevano solo le terapie standard. Nel gruppo alimentato con molte fibre sarebbe diminuita in modo significativo l’emoglobina A1c, e la riduzione sarebbe stata ancora più evidente nel gruppo Wtp dal ventottesimo giorno in poi.
Inoltre, nell’89% dei pazienti Wtp, rispetto al 50% del gruppo di controllo, i livelli di emoglobina A1c sarebbero arrivati sotto il 7%. I ricercatori hanno poi trattato animali da laboratorio con il microbiota dal gruppo Wtp e da quello di controllo. Nel primo caso, i livelli di glucosio nel sangue a digiuno e post-prandiale erano più bassi rispetto a quelli degli animali che ricevevano il microbiota dal gruppo di controllo. Il team ha poi identificato le differenze di ricchezza genica, evidenziando che nel gruppo Wtp era maggiore rispetto al gruppo di controllo, dopo 28 giorni di regime alimentare.
“Dei 141 ceppi che erano geneticamente in grado di usare le fibre per produrre acidi grassi a catena corta, solo 15 sarebbero diventati predominanti dopo aver consumato una dieta ricca di fibre, mentre 79 sarebbero rimasti invariati e addirittura 47 si sarebbero ridotti rispetto a prima della dieta – sottolinea Zhao – I pazienti con diabete di tipo 2 possono trarre beneficio dalla promozione di un gruppo selettivo di batteri intestinali che producono acidi grassi a catena corta”, conclude l’esperto, secondo il quale “l’aumento dell’assunzione di fibre alimentari potrebbe essere un nuovo approccio nutrizionale per gestire il diabete di tipo 2”.
Fonte: Science
Di:Will Boggs
Da:Quotidiano Sanità/ Popular Science