Le giovani donne colpite da Stemi, l’infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto St, non solo hanno meno probabilità di essere trattate con angioplastica e stent rispetto ai coetanei maschi, ma hanno anche degenze più lunghe e tassi di mortalità ospedaliera più elevati, secondo uno studio pubblicato sul Journal of American College of Cardiology. «Lo Stemi, la forma più mortale di attacco cardiaco, dipende dal blocco prolungato dell’afflusso di sangue al tessuto miocardico» esordisce Deepak Bhatt, autore senior dello studio, direttore esecutivo dei programmi cardiovascolari interventistici al Brigham and Women Hospital e professore di medicina alla Harvard Medical School di Boston, sottolineando che le possibilità di recupero dei pazienti con Stemi aumentano in modo significativo se le persone colpite da infarto sono sottoposte tempestivamente a una rivascolarizzazione del flusso coronarico. «Precedenti studi hanno dimostrato che i tassi di ricovero per infarto nei pazienti sotto i 60 anni non sono cambiati nell’ultimo decennio, mentre esistono pochi dati sui pazienti più giovani» scrivono i ricercatori, che hanno selezionato dall’archivio Nationwide Inpatient Sample 632.930 pazienti con Stemi tra 18 e 59 anni ricoverati tra il 2004 e il 2011. Dall’analisi i ricercatori hanno scoperto che, rispetto agli uomini, le donne avevano meno probabilità di presentarsi con i segni caratteristici dell’infarto con St sopraslivellato, e che avevano anche minori probabilità di essere trattate con angioplastica e stent. «Anche se va comunque sottolineato che la tendenza globale osservata durante lo studio è di un graduale e costante aumento delle procedure di angioplastica in entrambi i generi» puntualizza Bhatt. Lo studio ha anche mostrato che le giovani donne con Stemi avevano un tasso di mortalità più elevato rispetto ai coetanei, con percentuali rispettivamente del 4,5% e del 3%. Stessa storia per i tempi di degenza, lievemente più lunghi nel genere femminile rispetto ai maschi con medie di 4,35 contro 4 giorni, rispettivamente. «È possibile che gli uomini abbiano maggiori probabilità di morire prima dell’arrivo in ospedale, cosa che potrebbe spiegare in parte il tasso più elevato di decessi ospedalieri osservato nelle donne» ipotizzano gli autori, aggiungendo che potrebbero esserci diverse ragioni per cui le giovani donne hanno meno probabilità di essere sottoposte a procedure di rivascolarizzazione.
Tra queste la minore frequenza di precordialgie rispetto ai maschi, cosa che potrebbe portare a un ritardato riconoscimento dello Stemi da parte del medico. Ma non solo: durante l’angioplastica le donne hanno un rischio di sanguinamento doppio rispetto agli uomini, e ciò potrebbe portare gli operatori a posporre o a non eseguire l’intervento. «Qualsiasi sia il motivo, e nonostante le linee guida consiglino angioplastica e stent in tutti i pazienti con Stemi, resta il fatto che le donne giovani stanno ricevendo questo trattamento, ritenuto salvavita, con minore frequenza dei coetanei maschi» riprende Bhatt. E conclude: «Questi risultati dimostrano la necessità di migliorare i processi di cura nell’infarto, affrontando nei dovuti modi le disparità di genere».
J Am Coll Cardiol. 2015. doi: 10.1016/j.jacc.2015.07.010
http://content.onlinejacc.org/article.aspx?articleid=2449330
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