Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) è una malattia autoimmune cronica che può colpire tutto l’organismo. Pur in assenza di dati epidemiologici certi, in Italia si stima che siano circa 60.000 i pazienti affetti da LES. Quel che è certo è che si tratta di una malattia che colpisce soprattutto le donne (con una frequenza nove volte superiore rispetto agli uomini) e molto spesso giovani, tra i 20 e i 40 anni, cioè nel pieno dell’età fertile. Questa particolare caratteristica pone l’accento sui bisogni e sulle domande delle giovani donne affette da LES che desiderano diventare madri.
Abbiamo chiesto un parere al Prof. Pier Luigi Meroni, Direttore del Dipartimento di Reumatologia presso l’Istituto Ortopedico Gaetano Pini e Direttore della Scuola di Specializzazione in Reumatologia dell’Università degli Studi di Milano.
Il LES ha ripercussioni negative sulla fertilità della donna?
Questa ipotesi era sostenuta in passato. Oggi non è più del tutto sostenibile, perché molti studi hanno evidenziato che la percentuale di infertilità nelle donne con LES è sostanzialmente sovrapponibile a quella della popolazione generale. Permane qualche incertezza legata alla presenza di particolari anticorpi (i cosiddetti anticorpi anti-fosfolipidi), ma nessuna ricerca è stata in grado di dimostrare con certezza la relazione causa-effetto tra positività per anti-fosfolipidi e infertilità. Possono ovviamente interferire altri fattori quali l’età anagrafica, le alterazioni del ciclo mestruale dovute all’assunzione di alcuni particolari farmaci o lo stress psico-fisico indotto dalla malattia.
In passato alle donne con LES veniva sconsigliata la gravidanza. Oggi qual è l’orientamento degli specialisti?
In passato la gravidanza veniva sconsigliata perché si riteneva che le modificazioni fisiologiche durante la gestazione fossero un fattore di rischio per la ripresa di malattia o che potessero provocare complicazioni per la salute della madre e del feto. Oggi non abbiamo solide evidenze per scoraggiare una gravidanza, anzi sono state stilate delle apposite “linee guida” per pianificarla in modo da evitare per quanto possibile le complicanze.
La situazione è più delicata se il LES si manifesta e viene diagnosticato per la prima volta in corso di gravidanza. In questo caso la necessità di trattare la madre può comportare serie conseguenze per la gravidanza.
In generale, il rischio è maggiore per le donne con LES che affrontano una gravidanza durante una malattia attiva o da poco tempo in remissione (in particolare se è presente un interessamento renale).
La terapia del LES è controindicata durante la gravidanza?
Alcuni farmaci sono del tutto sconsigliati durante la gestazione, ma molte terapie hanno dimostrato un elevato grado di sicurezza per la salute del nascituro, quindi anche in caso di riacutizzazioni della malattia esistono diverse possibilità di intervento terapeutico.
Il LES può essere trasmesso dalla madre al bambino?
Questa è senza dubbio una delle preoccupazioni principali della donna, insieme al timore che la malattia possa comunque compromettere la salute del feto.
In realtà il LES non è una patologia che si eredita in maniera diretta.
L’unico rischio quantificabile è quello del lupus neonatale dovuto al passaggio attraverso la placenta di particolari anticorpi della madre (anti-SSA/Ro), e che provoca alterazioni della pelle, del sangue, del fegato o del cuore.
Le lesioni della cute tipiche di questa condizione sono molto simili a quelle del LES ma non sono dovute ad una patologia primitiva, bensì agli anticorpi che provengono dalla madre. Questa patologia può insorgere anche in bambini nati da donne che presentano gli anticorpi specifici in assenza di LES.
La manifestazione più temibile del lupus neonatale, fortunatamente rara, è il coinvolgimento cardiaco, che generalmente si manifesta fra la 18a e la 24a settimana di gestazione o poco prima della nascita. Nella maggior parte dei casi la diagnosi precoce delle alterazioni cardiache permette di far nascere il bambino e di affidarlo subito alle cure del cardiologo pediatra. E’ quindi di fondamentale importanza che ogni donna che presenti questi particolari anticorpi si sottoponga a controlli regolari dallo specialista.
Esiste d’altra parte una predisposizione all’autoimmunità per cui i familiari di soggetti con LES hanno un rischio più alto della popolazione generale di sviluppare manifestazioni autoimmuni, ma che in ogni caso non controindicano una gravidanza.
Il secondo e più frequente motivo di preoccupazione riguarda l’effetto a lungo termine delle terapie sulla salute del bambino e sul suo sistema immunitario. Parecchi studi hanno però dimostrato che i farmaci permessi in gravidanza non hanno effetti negativi e i bimbi esposti in utero a questi farmaci hanno una normale risposta alle vaccinazioni e nessun aumento di rischio per infezioni.
Il LES interferisce nella fase del travaglio e/o nel parto?
Se la gravidanza si è svolta senza particolari problemi il parto si avvierà spontaneamente al termine della gestazione.
Nelle donne con LES si è però osservata una percentuale di parti pre-termine superiore alla media, così come è possibile che il neonato presenti un basso peso alla nascita. Tali condizioni si verificano nel caso di ipertensione materna, gravità del LES o presenza di anticorpi anti-fosfolipidi.
La neo-mamma affetta da LES potrà prendersi cura del bambino in modo autonomo?
Le pazienti che dovessero soffrire di una grave riacutizzazione della malattia e di un interessamento dell’apparato muscolo-scheletrico potrebbero avere bisogno di un sostegno, ma sono davvero una piccola minoranza di casi.
L’allattamento al seno non è invece controindicato e non comporta rischi particolari per la mamma. L’unica limitazione è l’assunzione di alcuni farmaci non tollerabili per la salute del neonato, ma è possibile allattare in caso di trattamento con cortisonici o idrossiclorochina.
Quali sono i consigli che darebbe a una giovane paziente che desidera una gravidanza?
La gravidanza in corso di LES è possibile, ma deve essere considerata e seguita con grande attenzione.
E’ preferibile che la gravidanza sia discussa con il reumatologo e pianificata con cura in un momento in cui la malattia è mantenuta in completa e stabile remissione, da almeno sei mesi, con terapia permessa in corso di gestazione. Deve inoltre essere sempre verificata la presenza di alcuni anticorpi, come gli anti-fosfolipidi o gli anti-SSA/Ro, responsabili di alcune complicanze maggiori che richiedono interventi specifici e tempestivi.
E’ quindi molto importante che vi sia una stretta collaborazione tra reumatologo e ostetrico che devono essere in grado di gestire al meglio ogni eventuale problema.
L’intervista è stata realizzata in collaborazione con Ricerca Biomedica e Salute, Milano