Il Mezzogiorno sta male. Più alti livelli di mortalità, speranza di vita più bassa e cresce la spesa privata. Il Rapporto Osservasalute 2016

11 Apr 2017

Ma desta comunque preoccupazione anche il quadro nazionale, soprattutto per l’aumento vertiginoso delle malattie croniche che ormai colpiscono il 40% della popolazione. Gli squilibri Nord-Sud sono notevoli anche rispetto alle risorse disponibili (530 euro in meno tra Calabria e Bolzano), ma la differenza di spesa non basta a spiegare le differenze nei livelli di salute. Resta comunque il fatto che un cittadino di Trento ha una speranza di vita di 82,3 anni mentre uno in Campania non supera mediamente gli 80,5 anni. TUTTI I DATI REGIONE PER REGIONE, SCARICA IL RAPPORTO INTEGRALE

E’ la cronicità uno dei mali maggiori del Servizio sanitario nazionale. Lo è perché le malattie croniche colpiscono il 40% degli italiani che consumano moltissimi farmaci, vanno spesso dal medico e aumentano ancora di più il livello di insostenibilità di un Ssn che non sembra pronto ad assisterli, soprattutto al Sud.

Il Rapporto Osservasalute 2016, un’approfondita analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane presentato a Roma all’Università Cattolica dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, che ha sede presso lo stesso Ateneo ed è coordinato da Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, direttore dell’Osservatorio e Ordinario di Igiene all’Università Cattolica, e da Alessandro Solipaca, direttore Scientifico dell’Osservatorio, non lascia dubbi: aumenta il divario Nord-Sud, con riflessi pesantissimi anche sull’aspettativa di vita.

Il Sud dispone di minori risorse economiche, è gravato dalla scarsa disponibilità di servizi sanitari e di efficaci politiche di prevenzione. Questa disparità di accesso all’assistenza si riflette in modo sempre più evidente sulla salute delle persone: al Sud è molto più alta la mortalità prematura sotto i 70 anni di vita, indicativo secondo l’Oms dell’efficacia dei servizi sanitari.

Una popolazione sempre più vecchia, con diminuzione di nascite sotto il tasso di sostituzione, ma si riduce il numero dei centenari. Incoraggia il miglioramento degli stili di vita, anche se timido, ma sono in  aumento i consumatori di alcolici.

Il Rapporto è frutto del lavoro di 180 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano che operano presso Università e numerose Istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali.

Ai malati cronici, sottolinea Osservasalute, sono destinate gran parte delle ricette per farmaci e sono loro che affollano più spesso le sale d’attesa degli studi dei medici di famiglia: analizzando le principali patologie croniche (ipertensione arteriosa, ictus ischemico, malattie ischemiche del cuore, scompenso cardiaco congestizio, diabete mellito tipo II, BPCO, asma bronchiale, osteoartrosi, disturbi tiroidei – con l’eccezione dei tumori tiroidei) emerge che, nel 2015, il 23,7% dei pazienti adulti in carico alla medicina generale (249.641 pazienti su un totale di 1.054.376 soggetti) presentava contemporaneamente 2 o più condizioni croniche tra quelle prima elencate.

Questo dato mostra un trend in preoccupante crescita, salendo dal 21,9% nel 2011 al 23,7% nel 2015. Inoltre, nel 2015 il 72,1% delle persone con almeno 2 patologie croniche concomitanti risulta essere in politerapia farmacologica, ossia assume quotidianamente 5 o più farmaci differenti.

Infine, i pazienti con multicronicità nel 2015 hanno generato il 55% dei contatti (ovvero tutte le visite in ambulatorio che terminano con la registrazione di una diagnosi, di una prescrizione farmaceutica, di una indagine diagnostico-strumentale e/o di qualunque altro intervento che il Mmg registra nella cartella clinica informatizzata) con i medici di medicina generale.

Le malattie croniche riflettono anche i divari sociali del paese: un esempio su tutti è la prevalenza di cronicità che nella classe di età 25-44 anni ammonta al 4%, ma mentre tra i laureati è del 3,4%, nella popolazione con il livello di istruzione più basso e pari al 5,7 per cento.

Ma ci sono altre evidenze nel Rapporto che sottolineano la distanza sempre eccessiva Nord-Sud.

Gli squilibri delle risorse: la spesa sanitaria pro capite si attesta mediamente a 1.838 euro, ma è molto più elevata a Bolzano – 2.255 euro – e decisamente inferiore nel Mezzogiorno, in particolare in Calabria – 1.725 euro. Questi divari si riflettono sulle condizioni di salute e sull’aspettativa di vita dei cittadini italiani di Nord, Centro e Sud Italia a vantaggio degli abitanti delle prime due zone del Paese.

E anche le condizioni di salute: nel 2015, in Italia, ogni cittadino può sperare di vivere, mediamente, 82,3 anni (uomini 80,1; donne 84,6); a Trento la sopravvivenza sale a 83,5 anni (uomini 81,2; donne 85,8), mentre in Campania l’aspettativa di vita è di soli 80,5 anni (uomini 78,3; donne 82,8).

E il Mezzogiorno resta indietro anche sul fronte della riduzione della mortalità: negli ultimi quindici anni è diminuita in tutto il Paese, ma la riduzione, soprattutto per gli uomini, non ha interessato tutte le Regioni ed è stata del 27% al Nord, del 22% al Centro e del 20% al Sud e Isole.
E ancora, la mortalità sotto i 70 anni dal 1995 al 2013 rispetto alla media nazionale nel Nord è in diminuzione in quasi tutte le regioni (fanno eccezione Trento e la Liguria), nel Centro sotto il valore nazionale con un trend per lo più stazionario (a eccezione del Lazio dove è aumentata), nelle regioni del Mezzogiorno il trend è in sensibile aumento, facendo perdere ai cittadini di questa area del Paese i guadagni maturati nell’immediato dopoguerra.

La responsabilità delle diversità, secondo Osservasalute può essere dovuta alle conseguenze delle politiche e delle scelte allocative delle regioni: per esempio, gli screening oncologici coprono la quasi totalità della popolazione in Lombardia, ma appena il 30% dei residenti in Calabria. La carenza di risorse, comunque, non basta a spiegare le differenze tra Nord-Sud e Isole. Osservando l’indicatore sulle risorse disponibili in termini di finanziamento pro capite emerge che molte regioni del Nord migliorano la loro performance senza aumentare la spesa, mentre alcune regioni del Mezzogiorno, alle quali si aggiunge il Lazio, peggiorano la performance pur aumentando le risorse rispetto alla media nazionale.

Di seguito alcuni dati di sintesi del rapporto che offre anche un’analisi Regione per Regione delle evidenze principali di salute e organizzative.
Diminuisce il numero degli abitanti del nostro Paese, oltre un italiano su 5 ha più di 65 anni. Per la prima volta negli ultimi decenni si assiste alla diminuzione della popolazione residente.

Si riducono gli ultracentenari. Si assiste a una lieve diminuzione della popolazione ultracentenaria, probabilmente imputabile all’eccesso di mortalità che ha caratterizzato il 2015. Al 1 gennaio 2016, più di tre residenti su 10.000 hanno 100 anni e oltre.

Mortalità ridotta in 11 anni, cambiano le cause dei decessi, meno morti per problemi di cuoreA livello generale, i trend di mortalità nel periodo analizzato sono decisamente in diminuzione per entrambi i generi: si parte da un tasso di 141,4 per 10.000 uomini del 2003 (che si ricorda essere stato un anno di eccezionale incidenza del fenomeno a causa del caldo eccessivo) e si arriva a 107,8 per 10.000 nel 2014; analogamente per le donne, si passa da un tasso di 90,2 per 10.000 del 2003 a 69,8 per 10.000 nel 2014.

Si muore di più per malattie psichiche e infettive. In un quadro di riduzione generalizzata dei rischi per tutte le principali cause, meritano di essere evidenziati gli incrementi che, invece, si registrano per i disturbi psichici e alcune malattie infettive e parassitarie, sia per gli uomini sia per le donne. Tra il 2003 e il 2014 il tasso standardizzato di mortalità per disturbi psichici passa da 1,8 a 2,4 per 10.000 per entrambi i generi. Analogamente, la mortalità per malattie infettive e parassitarie fa registrare un incremento del 50% circa che ha interessato, principalmente, fasce di  popolazione più anziana. All’interno del gruppo delle malattie infettive e parassitarie la setticemia e la maggiore causa responsabile dell’incremento osservato.

Stabile la quota di italiani sovrappeso e obesi. Nel 2015, più di un terzo della popolazione adulta (35,3% vs 36,2% del 2014) è in sovrappeso, mentre poco più di una persona su 10 è obesa (9,8% vs 10,2% del 2014); complessivamente, il 45.1% (46,4% nel 2014) dei soggetti di età ≥18 anni è in eccesso ponderale.

Alcolici, diminuiscono i non consumatori. Si riduce la percentuale dei non consumatori (astemi e astinenti negli ultimi 12 mesi), pari al 34,8% (nel 2014 era il 35,6%) degli individui di età >11 anni. A livello territoriale l’unica regione in cui si rileva un incremento dei non consumatori e il Friuli Venezia Giulia (+4,6 punti percentuali), mentre delle diminuzioni statisticamente significative si registrano in Emilia Romagna (-3,3 punti percentuali), Toscana (-5,0 punti percentuali) e Abruzzo (-4,2 punti percentuali). La regione con il più basso valore di prevalenza dei non consumatori resta anche nel 2015 la PA di Bolzano (23,3%) mentre i valori più elevati si registrano in Campania (39,5%) e Sicilia (40,4%).

Aumentano le donne consumatrici a rischio.  La prevalenza dei consumatori a rischio, nel 2015, è pari al 23% per gli uomini e al 9% per le donne (che nel 2014 erano l’8,2%). I consumatori a rischio tra i maschi restano sostanzialmente stabili rispetto all’anno precedente.

Scende la mortalità riconducibile ai servizi sanitari, ma ancora troppe disparità tra Nord e Sud. Rispetto al biennio 2010-2011, negli anni 2012-2013 il tasso standardizzato di amenable mortality (cioè, morti evitabili con una adeguata qualità delle cure, ndr.) è passato da 75,14 a 72,93 per 100.000, pari a una diminuzione del 3,03%.

Le regioni con il più forte decremento sono la Valle d’Aosta (-14,74%), la PA di Trento (-10,59%) e il Molise (-10,14%), mentre le regioni con il decremento più lieve sono il Lazio (-0,50%) e la Calabria (-0,54%). Unica eccezione in Italia è l’Umbria, il cui tasso è salito da 65,75 a 68,31 per 100.000 (+3,90%).

La mortalità evitabile legata alla qualità delle cure è inferiore al valore nazionale (72,93 per 100.000) in 8 regioni: Lombardia, PA di Bolzano, PA di Trento, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche.

Valori significativamente superiori al dato nazionale si registrano, invece, in 5 regioni: Piemonte, Lazio, Campania, Calabria e SiciliaI valori più bassi è più alti si registrano, rispettivamente, nella PA di Trento (57,47 per 100.000) e in Campania (91,32 per 100.000). Questo pattern geografico ricalca fedelmente quello del biennio 2010-2011.

Spesa privata dei cittadini per la salute in aumento, specie al Sud. Nel periodo 2001-2014, la spesa sanitaria privata pro capite è cresciuta passando da 449,3€ a 553,1€ con un incremento medio annuo dell’1,61%. Il suo valore è, comunque, inferiore rispetto ai valori degli altri Paesi dell’Unione Europea con sistema sanitario pubblico. Tutte le regioni del Sud e Isole incrementano la spesa sanità ria privata con valori che oscillano fra +1,74% annui in Campania e +3,53% annui in Basilicata. Le regioni del Centro-Nord, invece, presentano incrementi mediamente più contenuti.

Da QS

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