La cura giusta al paziente giusto, verso la psichiatria di precisione
Anche la psichiatria entra nell’era della medicina di precisione: cure giuste al paziente giusto, nei modi e tempi migliori per poterlo risollevare dall’abisso del mal di vivere. Nella lotta alla depressione la svolta è già cominciata: valutazione dettagliata dei dati genetici, biomarker, neuroimaging cerebrale, tipo di malattia, sintomi spia di un maggior rischio di resistenza alle terapie sono i 5 nuovi parametri indicati dagli esperti per ‘misurare’ la sofferenza e combatterla con strumenti personalizzati. Una rivoluzione sotto i riflettori a Milano, dove l’11 e il 12 novembre è in programma all’Hotel Michelangelo il convegno ‘Le depressioni’ promosso dalla Società italiana di psichiatria (Sip). Esperti a confronto per disegnare il futuro.
In Europa la depressione colpisce 33 milioni di persone, e secondo l’Organizzazione mondiale della sanità è vicina a scalzare dal trono le patologie cardiovascolari come malattia cronica più diffusa. Il 77% di chi ne soffre dichiara fiducia nella possibilità di guarire grazie ai trattamenti disponibili, ma alla fine solo uno su 3 si cura davvero per il timore di effetti collaterali e di diventare ‘schiavo’ dei farmaci. La sfida della psichiatria di precisione è proprio quella di garantire al paziente soluzioni più mirate, quindi più efficaci e sicure.
Fra gli elementi da considerare per stabilire la terapia più adatta al singolo malato c’è per esempio il citocromo P450, un enzima che metabolizza i farmaci e può essere caratterizzato analizzando il Dna: può agire più o meno velocemente, influenzando la risposta alla terapia e i dosaggi necessari. E poi ci sono i livelli ematici di un biomarcatore, la proteina C reattiva, che possono indicare una maggiore o minore efficacia di alcuni medicinali antidepressivi. Ancora, a guidare la scelta della terapia devono essere anche la tipologia di depressione (melancolica, ansiosa o atipica) e alcuni fattori (sintomi come insonnia o riduzione delle energie; la presenza di traumi, sindrome da stress post-traumatico o segni psicotici lievi), che suggeriscono una probabilità più alta di essere resistenti alle cure e l’opportunità di un trattamento più intensivo fin da subito.
“Gli antidepressivi sono molti e non sono tutti uguali – spiega Claudio Mencacci, presidente della Sip – e sebbene non esistano ancora ‘pallottole d’argento'”, molecole intelligenti “efficaci con certezza sul singolo caso, come accade per alcune terapie anticancro, dobbiamo puntare a una medicina di precisione che massimizzi i risultati con i minimi effetti collaterali”.
“Oggi – osserva infatti il direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano – le terapie vengono personalizzate sulla base di pochi parametri ‘artigianali’, non sempre frutto di linee guida o solide evidenze scientifiche, preferendo ad esempio cure che non favoriscano l’accumulo di peso se il paziente è sovrappeso oppure obeso; si valuta il rapporto costo/beneficio, o si discute con il paziente di possibili vantaggi e svantaggi. Ma di fatto non si utilizza un algoritmo preciso per la prescrizione e l’estrema variabilità dei farmaci impiegati lo dimostra”. Il traguardo verso cui muoversi è dunque la terapia di precisione.
“Dobbiamo sfruttare parametri che si stanno rivelando importanti per predire la risposta alle cure da parte del paziente – prosegue Mencacci – Alcuni dovranno essere valutati meglio; altri sono allo studio, come le tecniche di neuroimaging cerebrale che permettono di ‘vedere’ letteralmente la risposta del cervello agli antidepressivi, ma la strada è tracciata: sarà sempre più necessario prescrivere subito il farmaco con la maggior probabilità di essere efficace, considerando anche con più attenzione tutti i dati di farmacodinamica disponibili, ossia ciò che sappiamo della relazione fra principio attivo e ‘interruttore’ sul quale agisce”. Questo consentirà di optare per il prodotto più adatto.
Altrettanto cruciale sarà poter comprendere subito se il trattamento funziona o no, e alcuni studi indicano che è possibile accorgersene fin dai primissimi giorni di terapia o addirittura dopo un’unica assunzione. “Individuare prima possibile i sintomi della malattia è fondamentale, cosi come lo è l’approccio su misura per la cura – concorda Ovidio Brignoli, vicepresidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg) – Il disagio psichico e la depressione stanno diventando il primo motivo di ricorso al medico di famiglia, che spesso tuttavia non ha esperienza o armi adeguate ad affrontare un problema per cui, oltre alle competenze cliniche, servono anche disponibilità e tempo per l’ascolto”.
“Da qui la necessità di formazione, ma soprattutto dell’aiuto degli specialisti presenti sul territorio. La depressione – avverte il medico – è una patologia per cui la continuità di presa in carico è imprescindibile”, anche per cancellare tabù o paure infondate. Un’indagine condotta dall’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda) mostra che “la depressione è seconda solo ai tumori per impatto sulla qualità di vita – riferisce Francesca Merzagora, presiente di Onda – Il 70% dei pazienti finisce per isolarsi e il 30% soffre di disturbi della sfera cognitiva come difficoltà a prendere decisioni, scarsa attenzione e concentrazione. Diagnosi precoce e trattamento adeguato e mirato sono perciò essenziali”. Il Libro bianco sulla depressione (Franco Angeli), sullo stato dell’arte della lotta alla malattia, ha dato l’avvio a “un’indagine conoscitiva del Senato – ricorda – che porterà a proposte concrete” contro la patologia.
“Le Istituzioni – dichiara la vicepresidente del Consiglio regionale lombardo, Sara Valmaggi – devono essere consapevoli e farsi carico di un fenomeno ampio, diffuso e complesso come quello delle depressioni. Essenziali sono diagnosi precoce, cure mirate, presa in carico e continuità della cura. La normativa regionale in materia è stata modificata di recente. Ora bisogna porre attenzione affinché alcuni principi siano rispettati e attuati. Per la diagnosi precoce è fondamentale il raccordo fra medici di famiglia e specialisti; per la presa in carico è la continuità della cura è necessaria una vera integrazione fra interventi di carattere sociale e socio sanitario. Questo senza mai dimenticare che nessuna legge può essere efficace senza un diffuso lavoro culturale. La conoscenza è l’unico strumento che può abbattere paure e diffidenze”.
Da ADNKronos