Sono più di quattro su dieci (il 41% per la precisione) gli ospedali che affermano di offrire alle donne partorienti la possibilità di vedersi somministrata, in caso di richiesta, l’analgesia epidurale, ma sono davvero molto pochi quelli che riescono a garantire la prestazione 24 ore su 24, sette giorni su sette: accade infatti spesso che molte future mamme, pur avendo fatto richiesta per questa prestazione, si vedano costrette a rinunciare. A mettere in luce il problema è un’indagine svolta dalla Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI), secondo cui soprattutto se si partorisce di notte o nel fine settimana la somministrazione dell’epidurale non viene garantita perché gli anestesisti di turno sono ridotti al minimo (e, se già occupati in rianimazione, in sala operatoria o in pronto soccorso, non possono lasciare i pazienti per andare a somministrare un’analgesia in sala parto). e da cui emerge che, nel garantire alle donne di partorire senza dolore, il nostro Paese è fanalino di coda in Europa e nel mondo.
Nuovi LEA
L’epidurale rappresenta, secondo gli anestesisti italiani, la tecnica farmacologica attualmente di gran lunga più efficace nel controllo del dolore del parto. E’ una prestazione molto richiesta e, se viene offerta gratuitamente, le richieste aumentano molto rapidamente. Eppure partorire senza dolore sembra essere un diritto, per le donne, attivo per ora solo sulla carta: sebbene, infatti, la somministrazione di analgesia epidurale sia stata inserita nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) nel 2008, fino a oggi ha conosciuto una diffusione nel nostro Paese disomogenea e discontinua. La speranza, spiegano dalla SIAARTI, è che ora con l’entrata in vigore dei nuovi LEA (Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017) sarà più semplice ottenere l’accesso a questo tipo di analgesia. Il percorso si preannuncia però tutt’altro che semplice: l’entrata in vigore dei nuovi LEA è infatti solo l’inizio del percorso, mentre in realtà spetta alle singole Regioni organizzarsi per far si che il diritto al parto senza dolore diventi realtà per ogni futura mamma. L’obiettivo – che i medici della SIAARTI si augurano possa essere raggiunto nel più breve tempo possibile – è che la somministrazione dell’epidurale possa avere una distribuzione più capillare e omogenea possibile su tutto il territorio nazionale.
Più di mille parti all’anno
Per rendere la parto-analgesia con epidurale a disposizione di tutte le donne che potrebbero farne richiesta, le indicazioni del ministero della Salute sono di offrire la somministrazione di questo tipo di prestazione solo nelle strutture ospedaliere più grandi, quelle cioè che effettuano più di mille parti all’anno: così facendo, spiegano, si raggiungerebbe anche l’obiettivo di centralizzare i parti nelle strutture più grandi e attrezzate per eventuali emergenze (perché le donne – spiegano – sarebbero portate a scegliere gli ospedali che offrono la parto-analgesia 24 ore su 24). L’ideale, spiegano dalla SIAARTI, sarebbe creare almeno un punto ospedaliero per provincia in cui l’epidurale viene offerta ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette.
Garantire l’epidurale
La SIAARTI spiega che affinché un punto nascita possa garantire la somministrazione dell’analgesia epidurale è necessario che abbia a disposizione della sala parto anestesisti preparati a somministrarla in un numero proporzionale al numero di parti effettuati ogni anno (le strutture che praticano più di 3000 parti all’anno hanno, chiaramente, esigenze diverse da quelle che ne fanno mille). Poi è fondamentale che ogni singola struttura ospedaliera sia ben organizzata internamente con un numero sufficiente di anestesisti, per evitare che quelli che lavorano in rianimazione, in sala operatoria o in pronto soccorso debbano lasciare i pazienti per andare a somministrare un’analgesia in sala parto.
Epidurale 24 h su 24, 7 giorni su 7
Una lista dei centri che attualmente garantiscono la parto analgesia 24 ore su 24, 7 giorni su 7, realizzata con la collaborazione dell’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da), è presente nel portale www.doveecomemicuro.it. Per effettuare la ricerca è sufficiente scrivere nella barra del “cerca” la parola chiave “epidurale” e selezionare la voce “Analgesia epidurale gratuita h 24 7 giorni su 7”.
Analgesia epidurale
Analgesia epidurale, chiamata anche peridurale, è una tecnica anestetica che consiste nel somministrare un anestetico locale che agisce sulle radici sensitive spinali dal 10° nervo toracico al 5° nervo sacrale. La procedura è molto semplice in mani esperte e consiste nell’inserimento di un catetere molto sottile a livello della colonna vertebrale lombare. Il catetere viene inserito attraverso un ago, il cui posizionamento indolore è preceduto dalla disinfezione della pelle e dalla somministrazione di un anestetico locale, che può provocare un lieve bruciore. L’ago poi viene tolto mentre il catetere rimane in sede, fissato alla schiena della donna ed è proprio attraverso questo sottile tubicino che viene somministrato l’analgesico ogni volta che serve. La procedura dura in tutto circa 10 minuti e viene effettuata con la donna in posizione seduta, piegata in avanti. L’unica complicanza di rilievo che si verifica in circa l’1% dei casi è una cefalea benigna transitoria che compare in posizione eretta (ma non se si rimane sdraiate) e che si risolve in pochi giorni stando a letto e idratandosi molto. Quanto al bambino, non vi sono assolutamente effetti negativi relativi all’utilizzo dell’analgesia epidurale.
La visita anestesiologica
Ogni momento è buono per optare per l’epidurale, ma bisogna sapere che per poterla effettuare occorre essersi sottoposte a una visita anestesiologica negli ultimi mesi di gravidanza, che serve per attestare che vada tutto bene e che effettivamente si possa assumere questo tipo di analgesia. Nelle ultime settimane di gravidanza è anche bene effettuare alcuni esami del sangue che saranno sicuramente richiesti dall’anestesista se, durante il parto, si chiederà l’epidurale. Un buon momento per raccogliere informazioni su questo tipo di tecnica è il corso preparto.
Come funziona?
Poco dopo la somministrazione dell’epidurale, la donna può avvertire calore e formicolio alle gambe, in genere transitori. Poiché i dosaggi di farmaco utilizzati sono molto ridotti, anche sotto analgesia la donna è in grado di camminare, percepisce le contrazioni e spinge senza difficoltà, percependo però allo stesso tempo i dolori del travaglio in modo ridotto.
Le controindicazioni
Sono davvero poche le donne che dal punto di vista clinico non possono richiedere la somministrazione dell’analgesia epidurale: si tratta in genere di donne che soffrono di malattie neurologiche che interessano la colonna vertebrale o di patologie della coagulazione, oppure che presentano infezioni in corso nel punto in cui dovrebbe essere effettuata la puntura.
Attenzione ai tatuaggi
Attenzione, però: se dal punto di vista clinico sono poche e piuttosto rare le controindicazioni che precludono la sottoposizione all’analgesia epidurale, particolare attenzione deve essere posta alla presenza di tatuaggi nella parte bassa della schiena (zona lombare). L’inchiostro del tatuaggio non permette l’esecuzione di nessuna pratica anestesiologica in quella parte del corpo perché durante la procedura di inserimento dell’ago e del catetere attraverso la porzione di cute tatuata l’inchiostro potrebbe venir spinto fin nello spazio peridurale, con ripercussioni anche importanti sulla salute della paziente (l’inchiostro può essere causa di irritazioni anche severe). E’ bene ricordare che, oltre a precludere l’analgesia epidurale alla futura mamma, un tatuaggio collocato nella parte bassa della schiena preclude qualsiasi tipo di anestesia loco-regionale che può essere effettuata a livello della spina dorsale (come, ad esempio, in caso di interventi chirurgici sugli arti inferiori)
Analgesia e anestesia: le differenze
Analgesia e anestesia sono due termini che spesso vengono utilizzati come sinonimi erroneamente: non sono, infatti, la stessa cosa. A fare la differenza è la quantità di farmaco che viene somministrata: nel caso dell’anestesia, necessaria per un intervento chirurgico, la quantità somministrata è maggiore rispetto all’analgesia e la prestazione consiste nel togliere dolore, mobilità e sensibilità alla parte del corpo che viene addormentata. Nel caso dell’analgesia, invece, la quantità di farmaco che viene somministrata è inferiore: è il caso, ad esempio, dell’analgesia epidurale che viene fatta in caso di parto vaginale. Con l’analgesia viene lenito il dolore, ma non la mobilità: la donna che sta per partorire, quindi, pur percependo le contrazioni come meno dolorose, ha la percezione delle proprie gambe, del proprio corpo e anche delle contrazioni uterine e può partecipare in modo attivo a tutte le fasi del parto.
Intervista a Ida Salvo, Direttore Struttura Complessa di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale dei Bambini V. Buzzi di Milano, Gruppo di Studio Ostetricia SIAARTI:
“Più della metà dei cesarei richiesti dalle donne avviene per paura del travaglio”
Un’indagine condotta dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da) ha messo in evidenza che più della metà dei parti cesarei richiesti dalle donne avviene per paura del dolore del travaglio: “Garantendo l’accesso all’epidurale, quindi, si riuscirebbe almeno in parte a ridurre il numero dei cesarei”, spiega Ida Salvo, Direttore Struttura Complessa di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale dei Bambini V. Buzzi di Milano, del Gruppo di Studio Ostetricia SIAARTI (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva). “Più della metà dei parti cesarei richiesti dalle donne avviene per paura del dolore del travaglio. Eppure le donne dovrebbero essere informate sulle conseguenze di un taglio cesareo non necessario: dovrebbero sapere, ad esempio, che si tratta di un intervento chirurgico non scevro di complicanze, che può comportare una perdita di sangue almeno doppia rispetto a un parto vaginale e che necessita di un percorso post-operatorio non poco impegnativo, soprattutto considerando che dovranno occuparsi di un bambino appena nato. E poi le future mamme dovrebbero essere informate sul fatto che ‘un cesareo tira l’altro’, nel senso che dopo averne avuto uno viene riproposto anche per il secondo e il terzo figlio, e i rischi di complicanze come placenta previa e rottura dell’utero aumentano proporzionalmente”. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità in ogni Paese la percentuale di parti con taglio cesareo sul totale dei parti effettuati non dovrebbe superare il 15%: in Italia la percentuale di cesarei è attualmente pari a circa il 35%, dato che ci attesta tra i Paesi meno virtuosi in Europa. “Come mai in Italia il numero di cesarei è ancora così alto? La spiegazione è che il cesareo è un intervento programmabile e veloce, mentre il parto vaginale richiede un notevole dispendio di energie per la struttura. Purtroppo anche le implicazioni medico-legali incidono sulla decisione finale di favorire il cesareo rispetto al parto vaginale”, continua Salvo. “Non è giustificabile, in ogni caso, che alcune piccole strutture arrivino ad effettuare il 50-70% di cesarei. Un’alta percentuale si può accettare soli in un centro di riferimento dove giungono i casi più problematici, ma non nelle piccole strutture”. Come fare per migliorare la situazione? “Per migliorare la situazione bisognerebbe iniziare a non riconoscere, e quindi a non rimborsare, i cesarei fatti oltre una certa soglia o che comunque non sono giustificati dalla situazione clinica. Un’altra soluzione potrebbe risiedere nel garantire a tutte le donne che ne fanno richiesta l’accesso all’analgesia epidurale, in modo da rassicurare le future mamme sulla presenza di un ‘aiuto’ che possa sostenerle a sopportare il dolore delle contrazioni, cosicché non si ritrovino a far richiesta di sottoporsi a un taglio cesareo per paura del dolore del travaglio”.
Da Bimbi sani e belli