In occasione del Congresso mondiale di Brisbane in Australia, il Royal college of obstetricians and gynaecologists (Rcog) ha pubblicato le Green-top guideline numero 37a e 37b sulla prevenzione e il trattamento del tromboembolismo venoso in gravidanza e durante o dopo il parto. Dice Ian Greer, professore di ginecologia all’Università di Liverpool e coautore delle linee guida: «La formazione di un coagulo può verificarsi in qualsiasi parte del sistema venoso, ma i siti predominanti sono le gambe, da cui la trombosi venosa profonda, e i polmoni, da cui l’embolia polmonare». Le Green-top guidelines, approvate dal National institute for health and clinical excellence (Nice), l’ente britannico responsabile delle linee guida nazionali, forniscono ai medici indicazioni per prevenire e trattare il tromboembolismo venoso in gravidanza, condizione che resta la principale causa diretta di morte materna nel Regno Unito. «Il tromboembolismo venoso gestazionale o nelle prime 6 settimane dopo la nascita è raro, con un rischio assoluto di circa 1 su 1.000 gravidanze» riprende il ricercatore, sottolineando che il periodo più critico è nelle prime settimane dopo il parto, quando il rischio aumenta di 20 volte. Ad aumentarne le probabilità sono precedenti episodi trombotici o la trombofilia, ossia la tendenza a formare coaguli di sangue, ma anche l’obesità, l’età materna avanzata, l’immobilità e le comorbilità quali cardiopatie, malattie infiammatorie intestinali e pre-eclampsia. Secondo le linee guida Rcog tutte le donne dovrebbero sottoporsi a una valutazione del rischio di tromboembolismo venoso all’inizio della gravidanza o dopo il parto, e qualsiasi fattore di rischio andrebbe preso in considerazione per la profilassi con eparina a basso peso molecolare. «La durata del trattamento, che può essere iniziato sia in epoca prenatale sia dopo il parto, dipende dal numero dei fattori di rischio» aggiunge il ginecologo britannico. Le linee guida sul trattamento del tromboembolismo venoso si concentrano sulla gestione della fase acuta della malattia, mettendo in evidenza sintomi come edemi e dolori alle gambe o alla parte bassa dell’addome oppure la dispnea, la tosse e lo shock ipotensivo. «Qualsiasi donna con segni e sintomi di tromboembolismo venoso va immediatamente avviata alla diagnosi e al trattamento con eparina a basso peso molecolare» sottolinea Greer, spiegando che tutti gli ospedali dovrebbero avere un protocollo per la diagnosi di sospetto tromboembolismo venoso, con il coinvolgimento di un team multidisciplinare di ostetrici, radiologi, medici ed ematologi. E conclude: «Queste linee guida forniscono indicazioni aggiornate sul modo in cui il tromboembolismo venoso nelle donne in gravidanza o dopo il parto dovrebbe essere prevenuto, sospettato, diagnosticato e trattato».
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