Solo il 5% dei tumori della mammella viene diagnosticato in donne con meno di 40 anni, quando è anche più frequente ritrovare le mutazioni BRCA 1 o BRCA2 (il gene di Angelina Jolie). Le pazienti portatrici di queste mutazioni hanno un elevato rischio di sviluppare un secondo tumore primitivo, sempre correlato a questi geni, e questo può portare ad interventi chirurgici preventivi (salpingo-ovariectomia, mastectomia bilaterale). Conoscere la prognosi del primo tumore, consente di temporizzare meglio gli interventi chirurgici successivi.
Quale peso riveste in termini di prognosi per una giovane donna con tumore della mammella essere portatrice o meno di una mutazione BRCA1 o BRCA 2? Lo studio POSH (Prospective Outcomes in Sporadic versus Hereditary breast cancer), pubblicato su Lancet, getta luce su questo aspetto finora controverso, dei tumori della mammella insorti in giovani pazienti portatrici di mutazioni BRCA 1 o BRCA 2.
Lo studio, ha interessato 2.733 donne, reclutate presso 127 ospedali inglesi alle quali era stata fatta diagnosi di tumore della mammella all’età di 40 anni o in età più precoce. La presenza di mutazione BRCA 1 o BRCA 2 (trovata nel 12% del campione, 338 donne) e sono stati registrati in maniera prospettica tutti i dati clinico-patologici, gli esiti a lungo termine (compresi eventuali data e sede delle recidive), per i primi 6 e 12 mesi, poi ogni anno, fino al decesso o all’uscita dal follow-up.
Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza complessiva nelle portatrici delle mutazioni BRCA 1 o BRCA 2, rispetto alle donne BRCA-negative a 2, 5 e 10 anni dalla diagnosi. Il reclutamento è stato completato nel 2008 e il follow-up è ancora in corso.
Dopo un follow-up medio di 8,2 anni, si sono verificati 651 decessi dovuti a tumore della mammella. Non è stata riscontrata una differenza significativa nella sopravvivenza complessiva tra le donne BRCA-positive e le BRCA-negative (HR= 0,96). Tra le 558 pazienti di un sottogruppo specificato affette da cancro della mammella triplo negativo, le portatrici di mutazione BRCA, rispetto alle BRCA-negative hanno addirittura mostrato una sopravvivenza complessiva migliore a 2 anni, ma non a 5 anni, né a 10 anni.
Gli autori concludono dunque che le pazienti con diagnosi di cancro della mammella in giovane età, anche se portatrici delle mutazioni BRCA 1 o BRCA 2, hanno una sopravvivenza complessiva sostanzialmente sovrapponile alle BRCA-negative. Le donne con tumore triplo negativo, portatrici di queste mutazioni della linea germinale, potrebbero avere addirittura un qualche vantaggio di sopravvivenza rispetto alle BRCA-negative nei primi due anni dalla diagnosi.
La decisione se intraprendere o meno ulteriori interventi chirurgici volti a ridurre il rischio di futuri tumori primitivi correlati a queste mutazioni, dovrebbe dunque tener conto della prognosi associata al primo tumore e delle preferenze della paziente.
Secondo gli autori dello studio POSH dunque, le pazienti che scelgono di rimandare di 1-2 anni ulteriori interventi chirurgici a scopo preventivo (salpingo-ovariectomia bilaterale, mastectomia bilaterale), per darsi il tempo di recuperare pienamente sia da un punto di vista fisico che psicologico dopo il trattamento del tumore, possono essere rassicurate del fatto che questa loro scelta non comporterà problemi, né svantaggi in termini di sopravvivenza.
Maria Rita Montebelli
Da QS