Diventare mamma dopo un tumore al seno è possibile, senza correre il rischio di ricadere nella malattia. Lo conferma uno studio europeo presentato al Congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco).
di Maria Sordino – Uno studio europeo, presentato al Congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), ha dimostrato che la gravidanza, dopo la malattia, non aumenta il rischio di recidive. Lo studio ha riguardato 1200 donne e rassicura, dunque, le tante sopravvissute al cancro che vorrebbero progettare una maternità. Il tumore al seno rappresenta, tra le donne, in Italia, il 30% delle neoplasie, con una prevalenza del 41% tra le giovani, che ancora non hanno avuto figli. Queste donne, una volta guarite, però, cominciano a pensare alla maternità: lo fanno in almeno il 50 per cento dei casi, anche se solo il dieci per cento ci prova. Perché? Prima fra tutte la paura che una gravidanza, con le modificazioni ormonali che comporta, possa in qualche modo “risvegliare” la malattia. Per questo motivo la fertilità e il desiderio di gravidanza sono divenuti fattori criticamente importanti nell’analisi dei rischi/benefici di una terapia oncologica. Con questo nuovo studio, i ricercatori hanno evidenziato come le donne rimaste incinte dopo un’iniziale diagnosi di tumore al seno, incluse quelle con tumori Er positivi sensibili agli estrogeni, non presentavano un maggior rischio di recidive o morte. Un passo avanti importante, se si considera, rilevano gli autori, che sebbene metà delle giovani donne con una diagnosi di questo tipo si dichiari propensa ad avere figli, meno del 10% resta incinta. Infatti, di tutti i sopravvissuti al cancro, le donne che hanno superato il tumore al seno sono proprio quelle che avranno figli con minore probabilità, anche perché donne e medici hanno per lungo tempo creduto che la gravidanza potesse essere collegata alla comparsa di recidive, in particolare per le donne con tumore al seno ER positivo. Infatti, poiché quest’ultimo tipo di cancro è ‘alimentato’ dall’estrogeno, il timore è che i livelli di tale ormone durante la gestazione possano favorire la crescita di cellule tumorali rimaste occulte. Un’altra preoccupazione riguarda il fatto di dover interrompere, dopo l’intervento chirurgico, le terapie adiuvanti prima di tentare di rimanere incinte. Proprio queste terapie, infatti, raccomandate per almeno 5 o, in alcuni casi, 10 anni, aiutano a prevenire il ritorno del cancro. “I nostri risultati – afferma il primo autore Matteo Lambertini, membro della Società europea di oncologia (Esmo) e oncologo all’Istituto Bordet di Bruxelles – confermano che la gravidanza dopo un cancro al seno non dovrebbe essere scoraggiata, neanche per le donne con cancro Er positivo. Ovviamente, però, va considerata la storia personale di ogni singola paziente nel decidere quanto tempo aspettare prima di provare ad avere figli“. Del campione di 1200 donne considerato, 333 pazienti sono rimaste incinte. Ebbene, dopo un follow-up di 10 anni dalla diagnosi di cancro, non è stata rilevata alcuna differenza in termini di sopravvivenza libera da malattia tra le donne rimaste incinte e quelle che non lo erano. Ma c’è di più: le sopravvissute con cancro al seno di tipo Er negativo, meno diffuso, rimaste incinte, avevano il 42% in meno di rischi di morire. Può dunque darsi, affermano gli esperti, che la gravidanza possa avere un effetto protettivo su questa tipologia di pazienti, ma ulteriori studi sono necessari. Inoltre, nonostante i pochi dati relativi, in questo studio, all’allattamento al seno, i risultati suggeriscono che allattare è possibile, anche dopo l’intervento chirurgico al seno. “Per molte giovani donne nel mondo che vogliono farsi una famiglia – conclude Erica Mayer, esperta Asco – questa è dunque una notizia che rassicura e conforta“.
Da 2A News