Non poter fare a meno del sole, in qualsiasi ora del giorno e in qualsiasi periodo dell’anno: come nasce questa ‘dipendenza’? Quante persone sono ‘ammalate’ di abbronzatura? Quali sono le problematiche alla base di questa patologia? Ne abbiamo parlato con Matteo Cagnoni, Direttore dell’Istituto di Ricerca di dermatologia globale di Ravenna.
Professor Cagnoni, il bisogno eccessivo di esporsi al sole o di vedersi abbronzati può diventare malattia?
Certamente. Quando la dipendenza dal sole diventa compulsione, viene definita con il termine di tanoressia, che non è altro che la traduzione italiana della parola inglese ‘tanorexia’, un neologismo composto da ‘tan’ (abbronzatura) e ‘orexía’, dal greco ‘órexis’ (appetito). Come l’anoressia, anche la tanoressia può essere considerata una percezione inadeguata di sé e del proprio corpo. Se l’anoressico non si vede mai abbastanza magro, allo stesso modo il tanoressico ritiene di non essere mai sufficientemente abbronzato.
Chi è maggiormente colpito da questa ‘malattia’?
Una ricerca su un campione di quattromila persone, da me commissionata, ha rivelato che questa patologia si sta sempre più diffondendo tra gli italiani. La tanoressia riguarda infatti all’incirca il 20% della popolazione di età compresa fra i 25 e i 54 anni, con una leggera prevalenza di donne, specie tra coloro che vivono al Nord e, prevalentemente nelle aree metropolitane.
Come si passa dal desidero di una bella abbronzatura a vera e propria malattia?
La tanoressia si è sviluppata come fenomeno culturale, ritenendo spesso a torto la tintarella sinonimo di benessere. Ciò deriva più di quanto pensiamo, anche da un impronta culturale recepita nel corso degli anni anche a seguito di un genere leggero di musica degli anni ’60 che “inneggiava” al sole… Di contro, nei casi limite, la tanoressia è espressione di un importante disagio, di un sentimento di insicurezza del sé corporeo. Infatti al di là dell’aspetto meramente estetico, – va riconosciuto che l’abbronzatura conferisce un colorito molto più piacevole -, esiste un legame tra buonumore, esposizione al sole e produzione da parte del cervello di varie sostanze (endorfine) tra cui la serotonina, il neurotrasmettitore che genera il buonumore. Il tanoressico dunque associa il buonumore e un maggior relax all’esposizione prolungata al sole, ma da quest’ultima alla proiezione del disturbo anche sul proprio corpo che lo si vede costantemente troppo poco abbronzato, il passaggio è breve. Quindi se l’abbronzatura da un lato può fare bene al corpo (produzione di vitamina D, effetto antiinfiammatorio del sole su alcune malattie infiammatorie cutanee come ad esempio l’eczema e la psoriasi) e alla mente, il rischio è quello se si esagera di cadere nel tunnel della tanoressia, della ossessione o meglio, della compulsione, che non è altro che una vera e propria dipendenza. Occorre definire esattamente, e non sempre è facile, lo spartiacque fra una sana ed attenta cura del proprio aspetto (si sa che chi piace a se stesso piace anche agi altri) e la patologia.
Come si riconosce un ‘tanoressico’?
Tanoressico è colui che d’estate trascorre molte ore sotto il sole (mediamente sei), non usa creme protettive ma anzi ricorre a creme senza filtro e superabbronzanti (una recente moda nata in costa azzurra, che sta prendendo piede anche in Italia ma che è estremamente nociva per la nostra pelle è l’applicazione per diventare ancora più scuri di grasso di mucca), e sta alla larga dagli ombrelloni. D’inverno specialmente e, nei casi più estremi anche in estate, è cliente affezionato dei solarium, che frequenta fino a tre volte la settimana quando le sedute non dovrebbero superare il numero di due al mese. Quello della tanoressia, è un fenomeno le cui avvisaglie si sono percepite già da qualche anno con l’apertura di numerosi centri che propongono docce abbronzanti, lampade e ogni altra sorta di trattamento che permette di mantenere l’abbronzatura tutto l’anno. In Italia non siamo ancora giunti a livelli di allarme, ma la tanoressia rischia di contagiare soprattutto le giovanissime, spesso in conflitto con il proprio corpo. Ciò che stupisce più di ogni altro dato è che, se si cerca sempre di più di sensibilizzare la popolazione verso i pericoli cui andiamo incontro causa questo inquinamento radioattivo, diventato particolarmente aggressivo in questi ultimi dieci anni, continuano ad aprire centri di abbronzatura intensiva…Non dimentichiamo che nella maggior parte degli italiani vale lo slogan “abbronzato è in” e si preferisce apparire abbronzati pur sapendo che si corre il rischio di sviluppare seri danni sulla propria pelle nel tempo. Quindi la consapevolezza c’è, ma il livello di attenzione è molto basso. In questo siamo in Europa il fanalino di coda.
Dunque dietro la tanoressia ci sono problemi di ordine psicologico?
Spesso alla base di questa patologia ci sono cause simili a quelle che alimentano i disturbi alimentari: insicurezza, come ho già anticipato, incapacità di accettare la propria immagine, autolesionismo, presenza di alterazioni dell’umore, quali ansia e depressione. Si è visto che lo stare al sole in queste persone abbassa lo stato d’ansia e migliora in modo significativo il tono dell’umore.
Uno studio americano che ha coinvolto 421 studenti di un college, ha evidenziato che 229 giovani si sottoponeva regolarmente a lampade solari e di questi il 35% manifestava problemi di sofferenza psicologica da ‘forzati dell’abbronzatura’. Da qui l’indicazione, quando l’abbronzatura diventa compulsione, a chiedere un aiuto psicologico perché la migliore cura, in questo caso, è imparare e ritornare ad amarsi per quello che si è. Secondo uno studio IRDEG abbiamo evidenziato che nel 60% di questi pazienti una supporto psicologico di un anno con una terapia cognitivo comportamentale si è rivelato efficacissimo, in un 30% è sufficiente un po’ di impegno e una corretta informazione da parte del proprio dermatologo e, soprattutto del proprio medico di base (importantissimo in questo senso il ruolo del medico di base, primo filtro e spesso, per il rapporto di fiducia che negli anni si instaura con il proprio assistito, più ascoltato dello specialista) e in un 10% si rende necessario anche un supporto farmacologico per un breve periodo di tempo.
Quali sono le più importanti ripercussioni a livello dermatologico?
La tanoressia può condurre alle tipiche conseguenza legate alla prolungata esposizione a raggi UVA, che possono variare da un precoce invecchiamento della pelle, a discromie, ossia macchie cutanee, eritemi solari e vere e proprie ustioni fino alla comparsa di lesioni pre-tumorali e tumori cutanei. Fra questi gli epiteliomi (che solitamente emergono dopo un certo numero di anni a seguito di una esposizione prolungata alla luce del sole) e i melanomi (tumori cutanei più maligni che rappresentano l’1% di tutti i tumori).
Francesca Morelli