Nonostante la sua aggressività e alta mortalità, il tumore ovarico è conosciuto soltanto da meno di un’italiana su tre, solo il 20 per cento lo considera molto pericoloso, soltanto una donna su cinque ne sa riconoscere le prime avvisaglie e la maggioranza delle connazionali non attribuisce sufficiente importanza alla diagnosi tempestiva che oggi è l’unica arma a disposizione per combattere la malattia con buone possibilità di guarigione (90 per cento contro il solo 25 per cento se il cancro è diagnosticato in stadio avanzato). Poiché attualmente, infatti, non esistono strumenti di prevenzione (come il pap test per il tumore all’utero) o di diagnosi precoce (come la mammografia per quello al seno) la conoscenza della malattia e dei suoi sintomi è la migliore strategia per evitare diagnosi tardive quando ormai le possibilità di cura sono molto limitate. E’ quanto emerge da una ricerca condotta da Doxapharma per conto dell’associazione Alleanza contro il Tumore Ovarico in occasione della Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico, che si celebra venerdì 8 maggio.
Il tumore che ha spaventato Angelina Jolie
«Gli oncologi definiscono il carcinoma ovarico un “killer silenzioso” perché cresce in fretta e non dà sintomi a lungo, così nella stragrande maggioranza dei casi si arriva tardi alla diagnosi, quando è già metastatico – spiega Nicoletta Colombo, direttore della Ginecologia Oncologica Medica all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano – . Il tumore all’ovaio è purtroppo ancora fra le neoplasie femminili più letali, temibili e aggressive. In Italia sono circa 4.500 i nuovi casi ogni anno e la sopravvivenza media delle pazienti si aggira intorno al 45 per cento». Comprensibile, quindi, che l’attrice Angelina Jolie abbia deciso di farsi asportare le ovaie per prevenire la malattia che ha ucciso sua madre. Tanto più che lei era esposta a un rischio molto più elevato di svilupparla, essendo portatrice di mutazioni del Dna (quelle dei geni Brca) che predispongono all’insorgenza di questa forma di cancro. «Nel caso poi ci si ritrovi di fronte a questa neoplasia è fondamentale rivolgersi a centri specializzati – continua Francesco Raspagliesi, direttore della Ginecologia Oncologica all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -: si inizia con la chirurgia, con l’obiettivo di asportare tutto il tumore possibile e pulire tutti gli organi coinvolti. Poi c’è la chemioterapia, ma delle pazienti che rispondono ai farmaci circa il 70 per cento va purtroppo incontro a una recidiva e dev’essere sottoposta a ulteriori cicli di cure».
Oltre 7 italiane su 10 non conoscono i test genetici di prevenzione
Stando all’indagine presentata nei giorni scorsi a Milano, però, il 76 per cento delle donne italiane non conosce i nuovi test genetici che stanno aprendo scenari fino a pochi anni fa impensabili per la prevenzione, la diagnosi e la cura di questo tumore. «E’ la neoplasia femminile meno conosciuta, più letale e più sottostimata dalle donne – dice Nicoletta Cerana, presidente di Acto onlus -. La Giornata Mondiale sul tumore ovarico nasce proprio per farne parlare e per informare soprattutto sulle novità in tema di prevenzione e cura che, grazie alla genetica, stanno finalmente arrivando dopo circa 30 anni in cui non si avevano progressi significativi. Solo il 24 per cento delle intervistate ne conosce l’esistenza perché ha più informazioni sulla malattia ottenute tramite il ginecologo, l’esperienza di parenti, amici o conoscenti o tramite riviste e pubblicazioni varie. Ma la quasi totalità delle donne (94 per cento) si sottoporrebbe a test genetico in caso di rischio».
Alcuni sintomi devono insospettire
A distanza di quattro anni dall’ultima ricerca il carcinoma ovarico si conferma come quello meno citato tra i tumori femminili rispetto al tumore al seno e all’utero: lo cita spontaneamente solo il 31 per cento delle donne interrogate, ma rispetto all’indagine 2011 migliora la capacità di distinguerlo dal tumore dell’utero: «E’ però percepito come meno pericoloso e con la mortalità più bassa nel confronto con le altre due forme di cancro – continua Cerana -. Sebbene il tumore ovarico abbia un tasso di sopravvivenza molto più basso rispetto al cancro del seno (45 contro 89 per cento), quest’ultimo continua ad essere avvertito come il più rischioso probabilmente in virtù della maggiore diffusione della neoplasia e della maggiore attenzione mediatica che le viene riservata». La scarsa conoscenza delle italiane è un grave problema soprattutto per la diagnosi precoce: «Dolori e gonfiore addominale, stitichezza o difficoltà digestive non vanno trascurati – aggiunge Colombo-: sebbene molto vaghi, devono destare preoccupazione se perdurano per settimane e, soprattutto, se non sono mai stati presenti. Particolare attenzione è poi richiesta alle donne con una familiarità (ovvero con madri, sorelle, nonne che hanno avuto un tumore ovarico), più a rischio di ammalarsi. In questi casi basta rivolgersi subito al ginecologo che deciderà gli accertamenti da fare».
La Giornata
In occasione dell’Ovarian Cancer Day tutte le donne del mondo sono invitate a partecipare alla campagna Legami indissolubili inviando sul sito www.ovariancancerday.org foto e messaggi di solidarietà a sostegno delle migliaia di donne colpite da questa neoplasia. Tutte le donne che sottoscriveranno la petizione sul sito www.ovariancancerday.org/pledge l’8 maggio riceveranno una e-card con informazioni sui sintomi e sui fattori di rischio della malattia. Inoltre, per approfondire il tema delle mutazioni genetiche nel tumore ovarico Acto onlus l’8 maggio organizza presso l’Istituto Mario Negri di Milano un incontro aperto al pubblico dedicato ai test BRCA che si stanno rivelando molto importanti ai fini della prevenzione e della terapia in quanto il 15-25 per cento dei tumori ovarici sierosi ad alto grado sono causati dalla mutazione dei geni BRCA. Sempre l’8 e 9 maggio a Roma il Policlinico Gemelli organizza, sotto la direzione di Giovanni Scambia, l’incontro scientifico Ovarian Cancer Day: toward individualized treatment e inaugura un nuova unità day hospital dedicata al tumore ovarico durante la quale sarà annunciata la nascita di Acto Roma, la nuova associazione pazienti presieduta da Maria Pia Sette che si unisce alla rete Acto onlus. L’8 e 9 maggio a Napoli Stefano Greggi coordina Uniti contro il tumore ovarico, una due giorni organizzata dall’Istituto Nazionale dei Tumori Fondazione Pascale.
L’articolo sul Corriere della Sera