Individuato dai ricercatori dell’Università di Oxford un nuovo marcatore che consente di prevedere la comparsa di artrite reumatoide fino a 16 anni prima. Questo permette una diagnosi realmente precoce della malattia, condizione indispensabile per accedere quanto prima al trattamento più idoneo.
Un nuovo marcatore, individuato dai ricercatori del Kennedy Institute of Rheumatology dell’Università di Oxford sarebbe in grado di ‘annunciare’ il rischio di ammalarsi di artrite reumatoide, con 16 anni di anticipo. È quanto suggerisce uno studio pubblicato su Annals of the Rheumatic Diseases.
Il marcatore in questione è rappresentato dagli anticorpi circolanti anti-tenascina-C, una proteina della matrice extracellulare.
In presenza di infiammazione alcune proteine dell’organismo vengono alterate da un processo detto di ‘citrullinazione’; queste proteine alterate possono evocare una risposta che porta le difese immunitarie a scatenarsi contro l’organismo stesso, determinando così la comparsa dell’artrite reumatoide. Non a caso, per diagnosticare questa condizione si ricorre a test in grado di individuare gli anticorpi diretti contro le proteine ‘citrullinate’. Ma mentre i test mirati alle singole proteine hanno una sensibilità diagnostica relativamente bassa, un test più completo detto CCP (anticorpi anti-citrullina), che individua i peptidi citrullinati sintetici, è in grado di individuare un maggior numero di casi di artrite reumatoide.
“Sappiamo che la tenascina –C è presente in elevati livelli nelle articolazioni delle persone con artrite reumatoide. Abbiamo dunque deciso di vedere – spiega Anja Schwenze, coordinatore di questa ricerca – se fosse possibile citrullinarla, e in questo caso se rappresentasse un target per gli autoanticorpi che attaccano il corpo nell’artrite reumatoide e se potesse dunque essere utilizzata come test per individuare la malattia.
Lo studio, condotto su oltre 2000 pazienti, ha evidenziato che il dosaggio degli anticorpi anti tenascina-C citrullinata (cTNC) è in grado di diagnosticare l’artrite reumatoide nel 50% circa dei casi, non individuati dal test CCP. Questo nuovo test ha anche un bassissimo tasso di falsi positivi ed ha un’accuratezza stimabile intorno al 98% nell’escludere la diagnosi di artrite reumatoide”.
“L’aspetto più interessante – sottolinea il Professor Kim Midwood del Kennedy Institute – è che andando ad esaminare campioni di sangue prelevati ai pazienti non ancora affetti da artrite reumatoide, abbiamo individuato la presenza di questi anticorpi anti cTNC fino a 16 anni prima (in media sette anni prima) della comparsa delle manifestazioni cliniche della malattia”.
La diagnosi precoce riveste ovviamente una grande importanza nell’artrite reumatoide. Una serie di ricerche hanno infatti dimostrato che spesso c’è una ‘finestra di opportunità’ molto stretta tra la comparsa dei sintomi e la possibilità di intervenire con un trattamento appropriato per ottenere la remissione dei sintomi. I test attualmente disponibili per l’artrite reumatoide hanno una limitata capacità diagnostica per questa condizione in diversi pazienti.
Questa ricerca suggerisce che questo nuovo esame del sangue potrebbe non solo facilitare la diagnosi di questa condizione, ma anche consentire di definirla in tempi molto precoci, addirittura prima della comparsa delle manifestazioni cliniche, consentendo così di monitorare i soggetti a più elevato rischio. Questo potrebbe dunque facilitare l’accesso tempestivo al giusto trattamento per questi pazienti e aiutare così a tenere sotto controllo questa condizione così debilitante.