Terremoto: la paura aumenta del 15% il rischio cardiovascolare

26 Ago 2016
Terremoto: la paura aumenta del 15% il rischio cardiovascolare

(lapresse)

In caso di disastro naturale, il corpo reagisce e attiva un sistema di allarme. Che ha anche ripercussioni negative se lo stress permane per lungo tempo

di IRMA D’ARIA

ROMA – La paura e lo stress causato dal terremoto colpisce anche il cuore. La sensazione di panico che ci attanaglia quando subiamo un disastro naturale, infatti, attiva un ‘sistema di allarme’ che se rimane sempre acceso ha come conseguenza la secrezione di alcuni ormoni, l’aumento della pressione sanguigna e del battito cardiaco con un incremento del 15% del rischio cardiovascolare anche in soggetti sani.

A lanciare l’allarme sono 35mila cardiologi provenienti da 140 Paesi riuniti dal 27 al 31 agosto a Roma per il Congresso della European Society of Cardiology.

Gli effetti della paura. Oltre alle morti, ai feriti e alla perdita della casa e dei propri beni, i disastri ambientali come i terremoti che periodicamente interessano l’Italia hanno anche effetti sulla salute sia a breve che a lungo termine che vengono poco considerati: “Si tratta di un fenomeno che si verifica anche in soggetti precedentemente sani” avverte Leonardo Bolognese, Direttore Cardiologia ospedale di Arezzo e Local Press Coordinator di Esc 2016 “se è immediata la correlazione con sintomi psichici come ansia, depressione e disturbi post-traumatici, attacchi di panico, insonnia, cefalea é intuitiva: uno studio della Cornell University ha evidenziato alterazioni delle aree cerebrali deputate alla paura nelle vittime rispetto ai soggetti non esposti”.

Ecco perché, secondo gli esperti, è fondamentale curare le ferite fisiche ma anche gli aspetti psicologici, in un vero percorso di recupero che scongiuri il rischio di sviluppare stati di stress cronico che è noto avere effetti sulla salute cardiaca.

Il sistema di allarme del cuore. Ma cosa succede esattamente al cuore quando si ha paura o addirittura terrore come quando si vive un terremoto? Il primo effetto dello stress è l’attivazione di un ‘sistema di allarme’ che se rimane sempre acceso ha come conseguenza la secrezione di alcuni ormoni (adrenalina, noradrenalina, e glucocorticoidi) e l’aumento della pressione sanguigna e del battito cardiaco.

Se questo stato prosegue per troppo tempo porta ad un inevitabile affaticamento del cuore e dei vasi. Successivamente i vasi tendono ad ispessirsi per resistere al continuo flusso ad alta velocità del sangue. Così il cuore si ‘stanca’ producendo un ispessimento delle pareti del ventricolo sinistro (uno dei più comuni ed importante marker clinici).

Ma lo stress innesca anche una produzione eccessiva di globuli bianchi che ‘intasano’ i vasi sanguigni. “Un meccanismo complesso a cui si deve rispondere con una politica di assistenza psicologico-sociale alle popolazioni colpite dal sisma per non rischiare tra 5-10 anni di assistere ad un picco epidemiologico che potrebbe interessare il 15% della popolazione privi di una storia di malattie cardiovascolari anche in pazienti altrimenti sani” aggiunge Michele Gulizia, Direttore Cardiologia Ospedale Garibaldi di Catania e Local Press Coordinator del Congresso.

La “Sindrome di Ground Zero”. Ma ci sono anche altri fattori che possono incidere negativamente come l’esposizione acuta e per molte settimane a polveri e particelle ultra fini, macerie, amianto, diossina, metalli pesanti come piombo e residui di lampadine e strumenti elettrici, che possono causare problemi respiratori, tosse, secchezza delle mucose. “Fenomeni che a seconda dell’ampiezza delle aree interessate da crolli possono essere sovrapponibili a quella che fu chiamata ‘la Sindrome di Ground Zero’ che interessò centinaia di abitanti e soccorritori esposti alle macerie e ai fumi, che, venne calcolato, contenevano detriti in cui erano presenti oltre 2500 contaminanti tossici, che colpì occhi e apparato respiratorio in primis ma che anni dopo furono collegati anche ad alcuni casi di tumore, nei soggetti esposti alle fasi di pulitura delle macerie nei mesi successivi” spiega Gulizia.

Genitori longevi, cuore più sano. Ma ad incidere sulla salute del cuore è anche la longevità dei propri genitori. Un recente studio pubblicato sul Journal of American College of Cardiology ha dimostrato, infatti, che il rischio individuale di morte per malattie cardiache è del 20% più basso per ogni decade di vita vissuta da almeno uno dei genitori oltre i 70 anni. “Se uno o entrambi i genitori hanno spento le 70 candeline” spiega Gulizia “si acquisisce un interessante bonus: il 16% di mortalità in meno per tutte le cause. È il più ampio studio realizzato che ha analizzato i dati di oltre 186mila persone. Quelli con i genitori più longevi hanno mostrato una salute migliore con una più bassa incidenza di patologie vascolari, coronariche, episodi di infarto e ictus. In parte grazie a varianti genetiche protettive che hanno effetti su pressione, massa corporea, livelli di colesterolo e trigliceridi, ecc.”.

Le malattie cardiovascolari. Si stima che la mortalità per malattie cardiovascolari sia circa il 45% totale in Europa e che causi 4,35 milioni di decessi ogni anno. Ma i disturbi di cuore e vasi sono anche la causa principale di disabilità e di ridotta qualità di vita, eppure buona parte di esse sarebbero prevenibili agendo sugli stili di vita. L’Oms stima che una riduzione anche modesta ma simultanea della pressione arteriosa, dei livelli di colesterolo nel sangue, dell’obesità e del fumo potrebbe ridurre di più del 50% l’incidenza delle malattie cardiovascolari. In particolare la cardiopatia ischemica è la prima causa di morte in Italia, rendendo conto del 28% di tutti i decessi, mentre gli accidenti cerebrovascolari sono al terzo posto con il 13%, dopo i tumori.

Da Repubblica

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