È il bilancio di 15 anni di attività, quello dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute delle Regioni Italiane, nato su iniziativa dell’Istituto di Sanità Pubblica-Sezione di Igiene dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per registrare i dati e le tendenze della salute in Italia. Un bilancio che mette in evidenza luci e ombre di un sistema in cui la «speranza di vita media è cresciuta, secondo gli ultimi dati del 2016, a 82,8 anni (80,6 per gli uomini e 85,1 per le donne), anche se si segnalano problemi di equità tra le Regioni», come spiega Alessandro Solipaca, Direttore Scientifico dell’Osservatorio. In Campania l’aspettativa di vita media è di soli 80 anni, mentre nella Provincia autonoma di Trento arriva a 83,5 anni. Per quanto riguarda l’abitudine al fumo gli italiani sono andati migliorando, passando dal 25,5% dei fumatori di 15 anni fa al 19,6% nel 2015. Dai dati illustrati questa mattina al Policlinico Gemelli di Roma, emerge che molti aspetti sono invece andati peggiorando: ad esempio gli stili di vita, con un aumento sensibile delle persone in sovrappeso, registrando nel 2015 il 35,3% degli adulti e il 24,9% dei bambini sovrappeso.
L’attività fisica non è mai decollata, con un 39,9% della popolazione sedentaria stabile da 15 anni, mentre sono ancora troppo pochi gli italiani che praticano un’attività sportiva (23,8% in modo continuativo). Da qui l’esigenza di implementare e migliorare anche il sito dell’Osservatorio, così da mettere a disposizione i dati affinché tutte le Regioni possano migliorare i servizi offerti ed elaborare una gestione virtuosa capace di ridurre il gap fra nord e sud divenuto negli anni «sempre più evidente» come ha sottolineato oggi il presidente dell’Iss e fondatore dell’Osservatorio, Walter Ricciardi, nel corso della conferenza stampa al policlinico Gemelli di Roma. «L’Osservatorio – ha spiegato Ricciardi – nasce all’indomani della riforma per regionalizzare il Servizio Sanitario Nazionale ed è stato costituito per monitorare l’impatto della devoluzione sulle condizioni di salute nelle diverse Regioni. In questi 15 anni abbiamo creato un network che coinvolge circa 230 esperti articolati in 21 sezioni regionali che si occupa di raccogliere dati regionali comparabili provenienti da diverse fonti ed elaborare e diffondere strumenti di sorveglianza della sanità pubblica. Oggi siamo a una svolta: l’Osservatorio si rinnova attraverso il suo sito web (http://www.osservatoriosullasalute.it/) per rendere fruibili a coloro che ne hanno la necessità tutti i dati raccolti, i propri archivi, le serie storiche per le analisi e le considerazioni utili a chi lavora nella salute. Vogliamo trasformare i nostri Rapporti, da strumento scientifico per addetti ai lavori in una fonte di informazioni per tutti. Nel nuovo sito web è infatti possibile consultare tutti i dati elaborati in questi anni senza alcun tipo di registrazione o password».
E sulle differenze nel servizio sanitario fra Regioni del nord e del sud, che si sono acuite in questi ultimi anni, Ricciardi ha sottolineato che «ad esempio, l’80% dei pazienti oncologici calabresi va a curarsi al nord. E non perché i medici calabresi non siano bravi, ma perché nelle Regioni del sud la gestione della sanità è rimasta indietro a 50 anni fa. E non è un caso se le regioni del nord siano quelle che di più lavorano con i nostri dati», proprio al fine di una gestione ottimale delle risorse sanitarie. Ed è da circa un anno che alla raccolta dati per la stesura del Rapporto, collabora anche la Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie che come ha spiegato il suo presidente, Claudio Cricelli, «mette a disposizione dell’Osservatorio i dati forniti dalle cartelle cliniche dei pazienti italiani, raccolte attraverso Health Search, l’importante database che registra, nel più rigoroso rispetto della normativa vigente, i dati che consentono di tracciare e studiare sia il comportamento dei medici di medicina generale sia comprendere come vengono trattate le più frequenti patologie croniche». Ma se le Regioni dovrebbero essere le più interessate a fruire di questo database così da migliorare i servizi, di fatto, sebbene «a parole mostrino questo interesse, nella pratica non assistiamo ad una evoluzione in questo senso», aggiunge sempre Cricelli.