Aborto clandestino. Secondo l’Iss se ne praticano tuttora dai 15 ai 20 mila. Ma solo 42 persone sono sotto indagine per averli procurati. Delle due l’una: o la stima è esagerata o i colpevoli sfuggono in gran parte alla giustizia

27 Apr 2017

Mercoledì scorso Lorenzin ha ricordato alla Camera i dati sul fenomeno. Proprio negli stessi giorni la Relazione sulla 194 del ministro della Giustizia, in riferimento ai procedimenti in corso contro chi è sospettato di aver procurato aborti clandestini, parla di “un fenomeno di ridotte proporzioni”. Secondo i parlamentari che hanno interrogato Lorenzin, poi, le stime sarebbero addirittura più alte (tra i 40 e 50 mila casi) e la colpa sarebbe dell’obiezione di coscienza. Che, però, se andiamo ad analizzare i dati storici, non sembra proprio entrarci nulla col problema. Ma come stanno realmente le cose?

Uno. Rispondendo al question time di mercoledì scorso alla Camera sul fenomeno degli aborti clandestini e sul suo possibile collegamento con l’obiezione di coscienza, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha ricordato le stime sull’aborto clandestino in Italia: da 12 ai 15 mila casi di donne italiane, cui aggiungere dai 3 ai 5mila casi di donne straniere (dati 2012 dell’Iss).

Due. Gli interroganti al question time (23 parlamentari di Articolo 1- Mdp, il gruppo nato dalla scissione del PD) parlano nella loro interrogazione di una stima di aborti clandestini ancora più alta: 40/50 mila casi, aggiungendo a questi dati almeno un terzo degli aborti spontanei rilevati dall’Istat (sono stati 66.560 nel 2014) che sarebbero dovuti, dicono “ad interventi casalinghi finiti male”, ovvero altri 22 mila circa. Ma non è chiaro dalla lettura dell’interrogazione se questi siano da aggiungere o da considerare come quota parte di quei 40/50 mila casi stimati.

Tre. Proprio in questi giorni il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha diramato la sua relazione al Parlamento sugli aspetti di sua competenza della legge 194 (vedi altro articolo) che, in tutto il 2016, registra 33 procedimenti penali per violazione dell’articolo 19 della legge 194 che vieta l’aborto al di fuori delle procedure autorizzate, con il coinvolgimento di 42 persone.

Tre bis. Lo stesso ministero della Giustizia sottolinea come il numero molto basso di persone mediamente coinvolto nei procedimenti (1,4 di media per procedimento contro l’aborto clandestino) lasci intendere che “non sembra esistere un’abituale tendenza ad eseguire aborti clandestini in modo organizzato”.

La lettura incrociata dei tre elementi appena evidenziati lascia aperti almeno due interrogativi.
1. Come è possibile che in un Paese con l’aborto legalizzato dal 1978 vi siano ancora tra le 15 e le 20mila donne (nell’ipotesi di minima) che si rivolgono ancora a medici o chissà chi, per abortire quando l’IVG è garantita e gratuita in tutto il Paese con annessa garanzia di anonimato?

2. Come è possibile che a fronte di tali stime l’attività delle autorità di polizia e la magistratura rilevino un così basso numero di procedimenti penali contro il reato di aborto clandestino?

Su quale sia la risposta alla prima domanda, i 23 parlamentari del question time non hanno dubbi: il ricorso all’aborto clandestino è strettamente connesso con i livelli alti di obiezione di coscienza che, scrivono nella loro interrogazione, hanno come conseguenza “che le donne respinte dalle istituzioni sono costrette a rivolgersi a chi pratica illegalmente l’aborto. Con grossi rischi per la salute e per la vita stessa delle donne”.

Secondo il ministero della Salute questa spiegazione invece non sta in piedi: 
– a livello nazionale, sottolineano, il carico di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore è ormai di 1.6 aborti a settimana su 44 settimane lavorative, numero che risulta dimezzato rispetto alla media nazionale del 1983 quando il carico settimanale era di 3,3 aborti per ginecologo non obiettore;

– sempre a livello nazionale, aggiungono dal ministero, l’11% dei ginecologi non obiettori è assegnato ad altri servizi e non a quello di IVG: in questi casi, cioè, il numero dei non obiettori risulterebbe quindi addirittura superiore a quello necessario a rispondere adeguatamente alle richieste di IVG e, quindi, parte di questo personale viene assegnato ad altri servizi.

In sintesi: per il ministero della Salute l’obiezione non rappresenta un ostacolo al diritto della donna di ottenere un’IVG quando lo richieda, anche perché i tempi di attesa per ottenerla dal Ssn, dicono ancora, sono in continua diminuzione: oggi il 65.3% di IVG è effettuato entro 14 giorni dal rilascio del certificato, e solo il 13.2% è effettuato oltre le tre settimane; sono tempi che includono la pausa dei sette giorni per “soprassedere”, prevista dalla legge.

Prendiamo per buona questa spiegazione anche se contrasta con le testimonianze raccolte in diverse inchieste giornalistiche sulla presenza di oggettive difficoltà in molte situazioni ad ottenere l’aborto.

Probabilmente sono vere, in parte, tutte e due le cose: da un lato è indubbio che un aborto e mezzo in media a settimana, per un non obiettore non possa essere considerato un carico di lavoro insostenibile, ma non si può escludere a priori che in alcune specifiche situazioni delle difficoltà vi siano e magari non solo nelle donne ma anche tra gli operatori, come loro stessi hanno più volte denunciato in quelle realtà dove essere non obiettore vuol dire essere una mosca bianca.

Ma resta in ogni caso quel dato di 15/20 mila aborti clandestini, con solo 33 procedimenti penali in corso a carico di 42 persone. Come la mettiamo?
E’ vero che ognuna delle 42 persone coinvolte in quelle indagini, se risultasse colpevole, potrebbe scoprirsi un domani essere stata l’autore anche di centinaia di aborti ma resta comunque il fatto che se esistono veramente 15/20mila aborti clandestini, la stragrande maggioranza di chi li pratica sembra sfuggire alle maglie della giustizia a meno di non pensare che ognuna di quelle 42 persone coinvolte nelle indagini effettui da sola 360/470 aborti, ovvero uno o più di uno al giorno per tutto l’anno.

Tra l’altro, sempre il ministero della Giustizia, come abbiamo già ricordato, fa presente come il numero molto basso di persone mediamente coinvolte nei procedimenti (1,4 di media per procedimento contro l’aborto clandestino) lasci intendere che “non sembra esistere un’abituale tendenza ad eseguire aborti clandestini in modo organizzato”. Senza contare, poi che stiamo comunque parlando di indagini preliminari che non è detto vadano tutte a rinvio a giudizio e che siano poi condannate in modo definitivo.

E allora come si conciliano quelle stime con i dati delle Procure? Siamo di fronte a una sovra stima degli aborti clandestini o a una evidente sottostima del fenomeno criminale, del quale viene alla luce solo una piccolissima parte? Non lo sappiamo, né esistono riscontri per poter avvalorare nessuna delle due ipotesi.

Quindi ad oggi si può dire che, se le stime di aborti clandestini sono vere, Polizia e Magistratura riescono a intercettare solo una minima parte dei reati. Per il resto tutto sembra avvenire nell’ombra e senza clamore.

In questo quadro non stupisce più di tanto quindi che le tre istituzioni citate, Ministero della Salute, Ministero della Giustizia e Iss, sembrino non parlarsi tra loro. O meglio operano ognuna per la sua specifica area di competenza: l’Iss raccoglie i dati e li trasmette al ministero che può o meno usarli ed evidenziarli come crede nella Relazione annuale, il ministero della Giustizia elabora ogni anno queste statistiche ma, al di là di sottolineare che il fenomeno degli aborti clandestini in base ai procedimenti in corso “è di ridotte proporzioni”, non sembra molto interessato ad avviare indagini ad hoc per fare chiarezza su un fenomeno che, a leggere i dati dell’Iss, sembrerebbe tutt’altro che di “ridotte proporzioni”.

E il ministero della Salute? Qualcosa sta facendo e gli va riconosciuto: ha istituito un tavolo con le Regioni per monitorare l’obiezione di coscienza struttura per struttura e ha sollecitato le associazioni a denunciare casi specifici e circonstanziati nei quali sia stato negato il diritto all’IVG, non ricevendo, a quanto si sa, ancora alcuna risposta.

Ma resta il fatto che, lo ripetiamo, a meno di non smentire la validità di quelle stime, in Italia secondo le massime autorità sanitarie del Paese si continua a praticare l’aborto clandestino in una misura inaccettabile per un Paese civile.

Nello stesso tempo penso anch’io che, sempre che quelle stime siano vere, dare la colpa del fenomeno all’obiezione di coscienza non stia in piedi. 
Basta guardare i dati storici dell’obiezione in rapporto alla stima degli aborti clandestini: nel 1983 i ginecologi non obiettori erano circa 1.600 e gli aborti clandestini stimati erano 100mila, nel 2012 i non obiettori erano poco meno di 1.500 (circa il 6% in meno) e gli aborti clandestini stimati 15/20 mila.

In sostanza, a quasi parità di non obiettori, gli aborti clandestini stimati sono scesi in misura del 75/80%. Il che evidenzia la mancanza di qualsiasi nesso tra consistenza dell’obiezione di coscienza e le dinamiche evolutive del fenomeno dell’aborto cladestino che, ricordiamolo, secondo le stesse stime dell’Iss va comunque diminuendo costantemente negli anni, almeno per le donne italiane (100˙000 casi stimati nel 1983, 72˙000 nel 1990, 43˙500 nel 1995 e 15.000 nel 2005).

Cesare Fassari

 

Da QS

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