L’obesità, condizione caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo conseguente nella maggior parte dei casi a stili di vita scorretti (dieta ipercalorica, ricca di zuccheri e grassi e sedentarietà), è uno dei principali problemi di salute pubblica a fronte del costante aumento della sua prevalenza a livello globale, in particolare nei Paesi occidentali, e dei gravi danni prodotti alla salute. L’obesità è, infatti, un noto fattore di rischio per gravi patologie croniche come il diabete mellito di tipo 2, malattie cardiovascolari e respiratorie, tumori, artrosi, disturbi psicologici e incide negativamente sulla qualità della vita. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si parla di “obesità” quando il valore dell’Indice di Massa Corporea (IMC o BMI, calcolato dividendo il peso espresso in chilogrammi per il quadrato dell’altezza espressa in metri) è superiore a 30. In Italia, il 32% degli adulti è sovrappeso, mentre l’11% è obeso; dunque, nel nostro Paese, oltre quattro adulti su dieci sono in eccesso ponderale.
Lo stretto e sempre più diffuso legame tra diabete e obesità ha portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a coniare un nuovo termine: diabesità. In Italia le persone “diabese”, obese e affette da diabete, sono circa due milioni. Considerando che i diabetici in Italia sono circa 3,3 milioni, appare evidente come quasi il 70% dei diabetici sia anche obeso. Le nostre cellule si alimentano di zucchero e hanno quindi bisogno d’insulina (ormone prodotto dal pancreas) per veicolare il glucosio all’interno delle cellule stesse. Lo zucchero non correttamente veicolato (come accade nel diabete, perché la quantità di insulina prodotta dall’organismo è insufficiente o perché, pur prodotta in modo adeguato, non può essere utilizzata in modo efficace) rimane libero di circolare nel sangue, determinando un aumento del livello di glicemia oltre la soglia di normalità che causa gravi danni a molti organi. Se le cellule aumentano in modo anomalo (come succede nella condizione di obesità) aumenta anche il fabbisogno d’insulina, che potrebbe non essere più prodotta in quantità sufficiente dal nostro organismo. E, infatti, tra i fattori di rischio del diabete, oltre a familiarità, ipertensione arteriosa, elevata quantità di grassi presenti nel sangue, stile di vita sedentario, si annovera anche l’obesità. Nel 2012, secondo i dati Istat, un italiano su tre era in sovrappeso (circa 22 milioni di italiani) e uno ogni dieci obeso (6 milioni). Il 5,5% della popolazione italiana era invece affetto da diabete. Appena dieci anni prima, sempre secondo l’Istat, a soffrire di diabete era il 3,7% degli italiani e solo in Lombardia la prevalenza è cresciuta del 40% in sette anni. Secondo l’OMS «entro il 2030 il diabete rappresenterà in Europa la quarta causa di morte e contribuirà alla mortalità della popolazione più di quanto non facciano collettivamente AIDS, Malaria e Tubercolosi». Una vera e propria epidemia, dunque, il cui responsabile non è un virus o un batterio, ma in alcuni casi l’uomo stesso. Secondo i dati dell’Italian Barometer Diabetes Report 2013, ogni minuto nel nostro Paese viene effettuata una nuova diagnosi di diabete con ricadute significative sulla mortalità globale. Dati allarmanti che in parte si spiegano con l’invecchiamento della popolazione, che comunque non può essere considerato come unica causa. Complici sono anche le cattive abitudini alimentari e lo stile di vita sedentario che stanno portando a un aumento dell’obesità. La conseguenza è che il diabete di tipo 2 aumenta sia nelle persone sopra i 65 anni di età sia in quelle fasce della popolazione prima considerate poco a rischio (giovani e adolescenti, fino agli anni ’90 praticamente immuni). Quel che si deve fare è ormai noto da tempo: stile di vita attivo, esercizio fisico regolare e corretta alimentazione sono gli strumenti più efficaci di cui disponiamo. Occorre perciò attuare delle politiche di prevenzione della diabesità, promuovendo l’attività fisica a scopo salutare. Secondo il Professor Herman Toplak – Presidente eletto dell’European Association for the Study of Obesity – «Sovrappeso e obesità sono diventati, vista la loro prevalenza, il problema di salute più importante del XXI secolo. La modernizzazione e le tecnologie hanno ridotto, a tutti i livelli, l’attività fisica ed è noto che le persone che smettono di fare esercizio fisico perdono il controllo dell’assunzione del cibo, mentre chi resta attivo tende a mangiare in maniera adeguata in relazione alle sue necessità energetiche. Il problema dell’obesità non ha risparmiato neppure le nazioni in via di sviluppo, dove la disponibilità di cibo – in particolare sotto forma di “fast food” – è aumentata a partire dalla fine degli anni ’70. Questi elementi hanno contribuito a far sì che molti ragazzi (e naturalmente anche molti adulti) non aumentano più la massa magra e hanno perso la cultura dell’alimentazione tradizionale, rimpiazzata da un’incontrollata assunzione di calorie attraverso “spuntini” e da una abitudine a mangiare spalmata lungo tutto il giorno» (Fonte: Quotidiano Sanità, 28.05.2014).
L’obesità è una patologia molto frequente nella popolazione adulta, ma da qualche decennio si sta sviluppando una nuova tendenza a ingrassare anche in età pediatrica. In particolare, l’obesità infantile suscita nella comunità scientifica e presso le Istituzioni, preoccupazione sempre maggiore, avendo raggiunto livelli allarmanti: le ultime ricerche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci dicono che nel mondo circa 43 milioni di bambini sotto i 5 anni di età sono in sovrappeso e che, se il trend non cambierà, raggiungeranno nel 2025 i 70 milioni. In Europa, dove la prevalenza di obesità è triplicata dagli anni Ottanta, pur essendo molto variabile da un Paese all’altro, rimane mediamente elevata, con valori di sovrappeso e obesità in bambini di 6-9 anni che variano dall’11% al 37% (dati OMS). E, considerando che più del 50% dei bambini obesi rischiano di diventare adulti obesi, questo è da considerarsi un vero e proprio problema di salute pubblica. Sempre secondo l’OMS, l’obesità è responsabile in Europa del 2-8% dei costi sanitari e del 10-13% dei decessi. Anche in Italia vi è un vero e proprio allarme obesità infantile con una prevalenza media tra le più alte in Europa. I dati del Ministero della Salute ci dicono che:
Non è questione di “estetica” ma di salute: l’obesità è, infatti, un fattore di rischio per numerose e gravi patologie, come le malattie ischemiche del cuore, l’ictus, l’ipertensione arteriosa, il diabete, le osteoartriti e alcuni tipi di cancro (corpo dell’utero, colon e mammella). Un recentissimo studio statunitense mostra come le patologie cardiovascolari e il diabete correlati all’obesità possano in media ridurre in modo significativo l’aspettativa di vita ed il numero di anni in salute, soprattutto nel caso insorgano in età giovane (20-29 anni), indistintamente per uomini e donne. Da non sottovalutare, inoltre, anche l’aspetto psico-sociale del problema: molte ricerche ci dicono che un bambino obeso sarà più facilmente oggetto di scherno ed emarginazione, con il rischio di sviluppare complicanze psicologiche già dall’età infantile. Clinicamente si distingue l’obesità essenziale (che a sua volta comprende l’obesità di tipo genetico e l’obesità correlabile a fattori socio-ambientali) dall’obesità secondaria (le cui cause sono collegate a malattie endocrine e trasmessa in associazione ad altre patologie ereditarie). Più in generale la causa principale di sovrappeso e obesità è data da uno squilibrio energetico tra le calorie consumate e quelle assunte. Nella società moderna questo fenomeno può essere ricondotto a diversi cambiamenti che negli anni passati hanno riguardato la sfera sociale, economica e ambientale favorendo da una parte un’alimentazione più abbondante e ricca di grassi (es. abitudine ai pasti fuori casa, alimenti spesso pre-confezionati e di bassa qualità, es. fast-food) e dall’altra una diminuzione di attività fisica per l’aumento di attività lavorative di tipo sedentario e, per i più giovani, attività extra-scolastiche anch’esse prevalentemente sedentarie (TV, giochi elettronici, ecc) a scapito del tempo dedicato ad attività sportive. Infine hanno avuto un ruolo fondamentale sia i cambiamenti nei modelli di trasporto, con l’utilizzo sempre più frequente dell’automobile, che l’aumento dell’urbanizzazione, con conseguente diminuzione di aree verdi, spazi per attività sportive e ricreative. Si può quindi affermare che abitudini alimentari errate e la scarsa attività fisica che sono alla base dell’obesità, sono il risultato di cambiamenti ambientali e sociali conseguenti a politiche spesso inadeguate in tantissimi settori della società quali la salute, l’educazione, l’ambiente, la pianificazione urbana, i trasporti, l’agricoltura e i processi di lavorazione, il marketing e la distribuzione degli alimenti. Come intervenire La parola chiave, come sempre, è prevenzione. Una prevenzione affidata non solo ai pediatri, ma soprattutto alle famiglie che devono essere indirizzate a educare i figli a stili di vita corretti sin da piccolissimi. In base a questi principi il Ministero della Salute, in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria (SIP) e la Società di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), ha emanato le linee guida rivolte ad adulti e bambini per combattere l’obesità infantile (Box 1). Questo documento parte dal presupposto che per combattere l’obesità infantile si deve intervenire innanzitutto a livello nutrizionale, in quanto un bambino diventa obeso quando segue un’alimentazione sbagliata, ma bisogna tener presente che le buone abitudini devono andare anche verso la cura e il rispetto del proprio corpo, spingendo il bambino a svolgere una sana attività fisica che avrà il doppio beneficio di mantenerlo in forma e di migliorare i rapporti sociali con gli altri bambini. Box 1 – Indicazioni fornite dal progetto del Ministero della Salute contro l’obesità infantile
Che esista un problema socio-culturale all’origine dell’obesità infantile, nel nostro Paese è confermato anche dall’analisi dei dati che periodicamente vengono raccolti sullo stato di salute di bambini e ragazzi in programmi di monitoraggio. Uno di questi programmi è rappresentato dal Sistema di sorveglianza “Okkio alla Salute” dell’Istituto Superiore di Sanità, un’iniziativa nata dalla collaborazione tra scuola e sanità, con lo scopo di raccogliere, con ricorrenza biennale, informazioni su situazione nutrizionale, alimentazione e attività fisica dei bambini italiani nella fascia di età 8-9 anni. Da diverse rilevazioni compiute dal Sistema di sorveglianza Okkio alla Salute emerge quanto siano elevati i livelli di sedentarietà dei bambini italiani che frequentano la scuola primaria (Box 2)e quanto sia necessario sensibilizzare le famiglie a migliorare le proprie abitudini e quelle dei propri figli. Box 2 – indicatori di attività fisica e sedentarietà nei bambini italiani dagli 8 ai 9 anni (Okkio alla Salute, dati 2012)
Il Sistema Okkio alla Salute, in collaborazione con il Ministero della Salute e il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, ha recentemente stilato una sorta di decalogo contenente alcuni suggerimenti pratici da seguire in famiglia per mantenere uno stile di vita salutare (Box 3). Box 3 – Per una crescita sana: informazioni utili per genitori e bambini
In conclusione, per fare fronte al crescente problema dell’obesità infantile e per promuovere la salute e la crescita sana dei bambini, è di fondamentale importanza la costante e sinergica collaborazione tra tutti gli attori coinvolti (famiglie, scuola, operatori sanitari, istituzioni). È infine certamente auspicabile un orientamento verso maggiori investimenti pubblici, in particolare nei centri urbani, per una mobilità più sostenibile (es. piste ciclabili, zone pedonali, ecc) e per una maggior diffusione di strutture per la pratica sportiva ed il tempo libero (impianti sportivi, parchi e giardini, ecc).
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S.I.O. – Società Italiana dell’Obesità www.sio-obesita.org SICOB – Soc. italiana di chirurgia dell’obesità e delle malattie metaboliche www.sicob.org Societa Italiana Nutrizione Pediatrica (SIP) www.sip.it ANSISA – Associazione Nazionale Specialisti in Scienza dell’Alimentazione www.ansisa.it Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica www.adiitalia.net
La prima edizione del Congresso Onda sulla salute della donna è giunta dopo tanti sforzi e passi avanti compiuti in questi ultimi anni per promuovere una medicina genere-specifica.