La schizofrenia resta ad oggi il disturbo mentale più grave. È una malattia ad andamento complesso, alla cui base vi sono una componente di familiarità e un esordio adolescenziale più precoce nell’uomo rispetto alla donna, che comporta un progressivo deterioramento personale e sociale.
Lo “scollamento” del paziente dalla realtà, che caratterizza la malattia, rende difficoltoso per chi ne è affetto distinguere tra esperienze reali e non, pensare in modo logico, avere reazioni emotive adeguate nelle relazioni con gli altri; a ciò si aggiungono alterazioni della memoria e del comportamento sociale, che risulta nella maggior parte dei casi inadeguato o disorganizzato.
I dati della ricerca neurobiologica non hanno evidenziato un singolo fattore eziopatogenetico alla base della schizofrenia: sembra che sia la combinazione di più fattori, genetici, biologici e ambientali a determinare il rischio di malattia.
Riconosciuti fattori di rischio sono:
- Familiarità psichiatrica
- Complicanze ostetriche
- Uso di sostanze
La schizofrenia si caratterizza per la presenza di almeno due tra i seguenti sintomi: deliri, allucinazioni, eloquio disorganizzato, comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico. Sintomi accessori sono rappresentati dai sintomi negativi quali: ritiro sociale, apatia, abulia, negativismo, rallentamento psicomotorio.
Segnali di allarme sono:
- Anormalità percettive (iniziali allucinazioni, si odono voci e si hanno visioni)
- Idee di riferimento (molto iniziali manie di persecuzione)
- Sospettosità
- Ansia
- Depressione
- Cambiamenti cognitivi (es. disturbi dell’attenzione e della concentrazione)
- Cambiamenti comportamentali (ritiro sociale, deterioramento di ruolo)
- Sintomi fisici (es. perdita dell’appetito, disturbi del sonno)
Comportamenti da osservare nell’adolescente:
- Abbandono della scuola, dell’università, del lavoro
- Perdita di interessi
- Marcata e perdurante passività sociale
- Sindrome amotivazionale
- Marcato e perdurante cambiamento dell’aspetto esteriore e nel comportamento
Le caratteristiche e/o i sintomi sopra indicati potrebbero essere in persone giovani indicatori o precursori di psicosi, ma anche riferirsi ad altre patologie, condizioni socioculturali o cambiamenti neurobiologici legati all’adolescenza.
La maggiore problematica correlata alla malattia è ancora oggi rappresentata dal ritardo diagnostico. Per un esito più favorevole e un maggior controllo delle ricadute – che comportano, ogni volta, un progressivo calo del funzionamento cognitivo con conseguente grave disadattamento sociale – sono invece fondamentali la diagnosi precoce, che garantisce la tempestività degli interventi, e l’adeguatezza della terapia, oggi rappresentata da nuovi farmaci antipsicotici, di soddisfacente efficacia e tollerabilità, da associare agli interventi di psicoterapia cognitiva e psicoeducazionali.
Altro aspetto particolarmente critico è rappresentato dall’aderenza alla terapia, che in molti casi non si realizza, precludendone l’efficacia in termini di miglioramento del funzionamento psicosociale e della qualità di vita.
Occorre dunque pensare a strategie che avvicinino, soprattutto i giovani, alle cure, motivando l’aderenza alla terapia anche attraverso scelte terapeutiche personalizzate, definite in base alle preferenze del paziente e alle sue necessità.
Non deve essere dimenticato il ruolo fondamentale svolto dai familiari che affiancano quotidianamente l’ammalato, chiamati a gestire in prima persona la terapia e ad accompagnarlo nel percorso psicoterapico cognitivo e psicoeducazionale: ai pazienti e ai loro familiari deve essere garantito, attraverso la creazione di una solida alleanza terapeutica con il medico di fiducia e di un’adeguata rete di servizi socio-sanitari, un ambiente favorevole, ma soprattutto supportivo tale da consentire la continuità del trattamento e dunque la massima adesione al piano terapeutico stabilito.