In Italia il 27% delle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) è effettuato da donne con precedente esperienza abortiva. E considerando che gli aborti ripetuti si collocano attorno ai 30mila casi l’anno, negli ultimi tre anni di cui si conoscono i dati (cioè 2011, 2012 e 2013) si può calcolare che la spesa annua diretta per il sistema sanitario sia stata compresa tra i 39-45 milioni di euro, quindi tra i 117-135 milioni in tre anni. È quanto emerso da un’analisi condotta dall’Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani in 70 ospedali italiani e presentata a Roma in occasione del Congresso nazionale congiunto Aogoi, Sigo e Agui, in corso presso l’Ergife Palace Hotel. «La causa degli aborti volontari ripetuti» ha spiegato Vito Trojano, presidente Aogoi «può essere ricondotta all’adozione di un metodo contraccettivo inappropriato o all’inadeguatezza del counselling ricevuto in occasione del precedente aborto, ma il dato è comunque allarmante».
Nel nostro Paese, hanno fatto sapere gli esperti, il costo medio di un’interruzione volontaria di gravidanza è valutato attorno ai 1.300-1.500 euro. Costi, questi, attribuibili direttamente al sistema sanitario nazionale. «Una spesa enorme» ha puntualizzato Emilio Arisi, presidente della Società medica italiana per la contraccezione «che si potrebbe in gran parte ridurre con investimenti molto minori in progetti di prevenzione della ripetitività dell’aborto. Ad esempio, sulla base di un costo di circa 100 euro per ogni sistema contraccettivo a lunga durata (Larc) si stima che ogni euro speso in contraccezione equivalga ad un risparmio di circa 10 euro. Tutto ciò senza dimenticare i costi psicologici e personali della donna che abortisce, legati alle perdite di giornate lavorative o di giorni scolastici, ai trasporti, alla logistica familiare, che a loro volta non sono certamente di poco significato».
Osservazioni queste, che hanno spinto l’Aogoi a dare vita a due indagini osservazionali per offrire una fotografia di come gli ospedali italiani gestiscano le Ivg e di come le donne percepiscano il percorso di counselling che viene loro proposto. «Il nostro obiettivo finale» ha proseguito Trojano «è di creare nei centri che praticano la Ivg un percorso a misura di donna, sensibilizzando gli operatori sull’importanza di garantire la dovuta attenzione alla contraccezione post-Ivg offrendo alle donne un adeguato counselling dopo l’intervento». La prima analisi, in corso di completamento, è stata condotta nei principali ospedali italiani in cui è praticata l’interruzione volontaria di gravidanza. Sui 70 che finora hanno risposto, 40 presentano un ambulatorio e un’equipe multidisciplinare dedicata. Tra i metodi contraccettivi prescelti post-Ivg sono risultati i dispositivi intrauterini e gli impianti sottocutanei nel 60% dei casi. A luglio Aogoi ha dato il via ad un secondo studio osservazionale per fotografare l’adeguatezza percepita dalla donna sul counselling contraccettivo nel post Ivg. Sulla base dei risultati raggiunti verranno infine organizzati da Aogoi una serie di eventi formativi e sarà realizzato e distribuito per i medici e per le pazienti materiale informativo sulla contraccezione nel post-Ivg.
Da Doctor33