Approda in Stato-Regioni con il parere favorevole dei governatori il testo elaborato dal ministero della Salute delle “Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazione: un modello multidisciplinare per gli interventi nutrizionali” in cui, oltre agli aspetti clinici e sceintifici del problema, si prevede e si indica come questo debba essere gestito con la multidisciplinarità degli operatori. IL DOCUMENTO.
Training di familiarizzazione con il cibo, riabilitazione psiconutrizionale progressiva, pasto assistito e pasto assistito domiciliare, nutrizione artificiale e poi le conseguenze del recupero della diminuzione di peso: la sindrome da rialimentazione, la gestione delle complicanze fisiche associate alla malnutrizione, fino alla riabilitazione nutrizionale nel disturbi dell’alimentazione dell’infanzia e della preadolescenza e alla riabilitazione nutrizionale nel disturbo da binge-eating. Per chiudere con la terapia cognitivo comportamentale più la terapia di perdita di peso basata sulla modificazione dello stile di vita e arrivare alla valutazione dei criteri di remissione.
E’ approdato in Stato-Regioni col parere favorevole dei governatori il testo delle “Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazione: un modello multidisciplinare per gli interventi nutrizionali”, elaborato dal ministero della Salute e che dopo aver passatoi in rassegna la letteratura internazionale in materia si sofferma sugli aspetti clinici e scientifici del recupero dei disturbi dell’alimentazione.
Ma non solo. Le linee di indirizzo contengono anche un capitolo dettagliato sul coordinamento, integrazione e formazione delle figure professionali dell’equipe terapeutica per i disturbi dell’alimentazione, analizzano il ruolo della famiglia nella riabilitazione nutrizionale in ambito dei disturbi dell’alimentazione e considerano la gestione e gli effetto dell’ esercizio fisico, attività e riabilitazione nutrizionale.
Secondo il documento, la riabilitazione nutrizionale dei disturbi dell’alimentazione, a ogni livello di trattamento, si deve svolgere all’interno di un trattamento multidisciplinare integrato, che prevede l’associazione del trattamento psichiatrico/psicoterapeutico con quello nutrizionale. L’intervento multidisciplinare è indicato, in particolare, quando con la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione coesiste una condizione di malnutrizione in difetto o in eccesso.
Durante il trattamento bisogna tenere conto del fatto che la malnutrizione e le sue complicanze, se presenti, contribuiscono a mantenere la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione e ostacolano ii trattamento psichiatrico/psicoterapico e, viceversa, se al recupero del peso e all’eliminazione della restrizione dietetica calorica non si associa un miglioramento della psicopatologia ci sono alte probabilità di ricaduta.
Nell’equipe multidisciplinare possono essere incluse in modo variabile, in base al livello di intensità di cura, una serie di figure professionali: medici (psichiatri/neuropsichiatri infantili, medici con competenze nutrizionali, internisti, endocrinologi), dietisti, psicologi, infermieri, educatori professionali, tecnici della riabilitazione psichiatrica e fisioterapisti.
Secondo le linee di indirizzo l’intervento multidisciplinare presenta vantaggi, ma anche potenziali criticità.
II maggiore vantaggio è che la presenza di clinici con competenze multiple può facilitare la gestione di pazienti complessi con gravi problemi medici e psichiatrici coesistenti con il disturbo dell’alimentazione.
Inoltre, con questo approccio è possibile affrontare contemporaneamente e in modo appropriato la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione, la restrizione dietetica calorica e cognitiva e le complicanze somatiche, psichiatriche e nutrizionali eventualmente presenti.
Le maggiori criticità sono due.
Primo, un trattamento con più terapeuti incoraggia i pazienti a parlare di problemi specifici con terapeuti specifici, per cui nessun terapeuta osserva e apprezza l’intero quadro clinico.
Secondo, l’applicazione di un trattamento da parte di terapeuti, che non abbiano un modello teorico e clinico condiviso, facilita la comunicazione di informazioni contraddittorie ai pazienti sul loro disturbo e sulle strategie per gestirlo. Per far fronte a questi problemi le linee di indirizzo raccomandano che l’intera equipé riceva una formazione sul modello di trattamento praticato, per avere con il paziente un approccio coerente e non contradditorio. Inoltre, è fondamentale che i terapeuti, pur mantenendo i loro ruoli professionali specifici, condividano la stessa filosofia e utilizzino un linguaggio comune con i pazienti.
E’ anche consigliabile che siano specificati chiaramente i ruoli e le aree d’intervento di ogni membro dell’equipé e che siano realizzati incontri periodici di revisione tra i pazienti e i membri dell’equipé per discutere i vari elementi del trattamento e la loro relazione reciproca.
L’integrazione tra le varie figure professionali che compongono l’equipe si avvale di alcuni fondamentali strumenti, che possono inoltre prevenire e gestire le criticità.
II primo è la cartella clinica del paziente, su cui vengono registrati tutti gli interventi effettuati dagli specialisti che hanno in cura ii paziente a livello individuale. La cartella è unica e condivisa tra le varie figure professionali, in modo che in ogni momento si possa avere un quadro completo delle condizioni cliniche del paziente e dell’avanzamento del trattamento in atto. All’interno dell’equipé può essere designato un case-manager per il singolo paziente, che si occupi di tenere una visione di insieme del trattamento e di tenere i contatti con i servizi invianti e la famiglia.
II secondo strumento, il più importante, di integrazione tra le varie figure professionali, è la riunione d’equipe che dovrebbe svolgersi regolarmente e in ogni livello di trattamento.
In sede di riunione d’equipe è opportuno secondo le linee di indirizzo che vengano presentati i casi dei pazienti che hanno effettuato la prima visita, per stabilire ii progetto terapeutico condiviso più adeguato, si programmi l’inizio del trattamento e siano individuati il case-manager e/o i terapeuti di riferimento.
Per favorire ii lavoro integrato, è opportuno condividere durante la riunione il percorso psicologico, l’eventuale terapia farmacologica, ii quadro clinico-nutrizionale, eventuali progressi o criticità rispetto al trattamento e al contesto sociale e familiare.
Infine, il terzo strumento è la supervisione tra pari e la supervisione esterna dell’equipé multidisciplinare che permette di offrire uno spazio di condivisione e di elaborazione per i singoli operatori, di garantire continuità e coerenza ai progetti di cura, e di verificare se aree d’intervento così diverse e apparentemente separate tra loro, possano realizzare una più valida rete di contenimento.
I trattamenti possono avvenire in varie sedi e in diverse situazioni, dall’unita ambulatoriale specialistica al trattamento semiresidenziale, dall’unita di riabilitazione intensiva ospedaliera/extra-ospedaliera al, ricovero ordinario e si possono prevedere – le linee di indirizzo ne parlano, cambiamenti di setting terapeutici con la presa in carico condivisa tra diverse situazioni.
Tutte le figure professionali coinvolte nella prevenzione, nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione devono presentare una formazione specialistica nel campo. Trattandosi di una equipé multidisciplinare, la formazione è specifica per ogni figura professionale, ma è opportuno che i professionisti sappiano lavorare in maniera integrata e utilizzino un linguaggio comune. Ogni professionista deve infatti attendere al proprio ruolo, ma deve conoscere anche ii lavoro che svolgeranno i propri colleghi per sviluppare un lavoro sinergico, senza sbilanciamenti del trattamento sul versante psichico rispetto a quello clinico- nutrizionale e viceversa.
Da QS