Donne, salute e ricerca: le nuove prospettive della Medicina di Genere
Adriana Albini, direttrice del Dipartimento infrastruttura ricerca e statistica e direttrice della Struttura complessa di ricerca traslazionale presso l’IRCCS-Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, dallo scorso 2 dicembre è il nuovo presidente del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale salute donna (O.N.da). Durante la riunione di insediamento Adriana Albini ha parlato di “donne, salute e ricerca: le nuove prospettive della medicina di genere” facendo il punto sulla salute delle donne in generale, le malattie a maggior impatto, la qualità della vita, il consumo di farmaci; ma toccando anche altre tematiche come la violenza sulle donne, la professione delle donne e la prevenzione. Abbiamo approfondito con lei alcuni di questi aspetti.
Dottoressa Albini, quali sono oggi gli obiettivi che si pone l’Osservatorio per sensibilizzare le persone verso la medicina di genere?
Ci sono veramente tanti aspetti da prendere in considerazione, io ho cercato di identificare delle aree in cui agire. Prima di tutto è importante organizzare eventi informativi, perché nonostante ormai si sappia che l’impatto delle patologie e delle terapie è diverso da uomo a donna, c’è ancora poca coscienza della differenza di genere. Per questo sono necessari progetti di diffusione e informazione per i cittadini e iniziative di tipo scientifico per registrare e valutare dati, in particolare sulla risposta terapeutica. Onda in questi anni è cresciuto molto e l’idea ora è di diversificare per attività e creare una struttura dipartimentale, in cui ogni settore indaghi sui diversi aspetti. Ci sono alcune patologie come cardiovascolare, oncologia, malattie mentali, reumatiche e autoimmuni, e naturalmente l’osteoporosi che sono di grande interesse per il mondo femminile e devono essere ulteriormente approfondite. Poi c’è un area d’interesse anche per l’invecchiamento, che deve avvenire in buona salute: le donne come si sa vivono più a lungo e l’età media sale, sono tantissime le donne di età superiore a 85 anni che vogliono però restare attive. Anche perché il ruolo della donna è importante a tutte le età.
Ha parlato anche dell’importanza delle donne nelle professioni, con particolare riguardo a quelle scientifiche.
Sì esatto, a me interessa molto anche questo aspetto, è importante osservare anche il percorso che le donne hanno nel campo della ricerca e in sanità per quanto riguarda le professioni. Tra l’altro all’inizio quando è partito il programma bollini rosa, uno dei criteri per ricevere i bollini era proprio quello di valutare quante donne con responsabilità fossero presenti nella struttura. È importante che ci sia un percorso in grado di aiutare le donne che vogliono fare carriera in una determinata professione, su questo magari abbiamo pareri diversi ma credo che sia necessario parlarne. Credo anche che sia importante e che possa dare un certo successo dare risalto all’attività sul territorio, creare dei presidi decentralizzati in varie regioni dove si possano svolgere iniziative a nome di Onda, concordate con la sede centrale, ma anche locali.
Lei ha dato molta importanza anche al tema della violenza sulle donne…
C’è stato un grosso focus attorno al problema della violenza sulle donne, di cui tra l’altro si è parlato molto ultimamente, anche fuori da Onda, durante la settimana dedicata alla violenza sulla donna. C’è una quantità molto alta di episodi di violenza contro le donne soprattutto da parte di quello che è considerato il partner intimo, ovvero il compagno, il marito o l’amante. Tutti gli episodi ma soprattutto questi hanno un grosso impatto per la salute femminile, perché è una violenza di vario tipo e che dura anni, a cui una donna difficilmente sa reagire. Perché spesso è dipendente, è innamorata, ci sono dei figli di mezzo. Bisognerebbe pensare a dei percorsi per aiutarle. Molti ospedali hanno già identificato questo come un topic importante. Per esempio noi a Reggio Emilia abbiamo la medicina di emergenza che assiste le donne al pronto soccorso, e ha inventato un modo per proteggerle. Spesso, infatti, chi arriva al pronto soccorso perché ha subito delle percosse, ha un codice basso, perché non è grave, e aspetta delle ore rima di essere visitata. Nel frattempo ci ripensa o la famiglia la viene a riprendere così non solo non fa in tempo a denunciare la violenza ma neanche a farsi curare. Quindi se c’è un modo di creare un percorso per questa patologia, che non ha minore impatto di qualsiasi altra patologia nella donna, bisogna trovarlo. È un argomento un po’ sommerso, perché sono gli uomini a fare opinione. È una tematica difficile e un po’ scabrosa, di cui si parla ancora poco.
L’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia è l’unico ad aver attivato un percorso simile finora?
No, questo tipo di percorso è attivo in diversi ospedali. Ci sono almeno una sessantina di strutture in Italia che hanno ricevuto il bollino rosa proprio per questo motivo. Certo sarebbe interessante, come osservatorio sulla salute della donna, analizzare questi percorsi per vedere cosa viene fatto al loro interno. Potrebbe essere una ricerca interessante. I dati ci sono già, vanno solo estrapolati.
A proposito di bollini rosa, le strutture meritevoli sono aumentate in questi anni?
Sì, c’è stato un aumento del 25% di strutture nuove sensibili alla salute della donna. Ormai più di 250 ospedali, dislocati in tutta Italia, hanno questo riconoscimento.
Anche al sud? In tutta Italia?
Centro-Nord di più mi sembra, ma anche al Sud ce ne sono parecchi. È un programma che è andato bene.
Ci sono altre tematiche che avete approfondito?
A me piace molto anche il tema della prevenzione delle malattie al femminile attraverso abitudini di vita e alimentazione. il tema alimentare, che poi si collega al tema dell’Expo 2015, piace a tutti ed è anche più semplice da trattare. In sostanza bisogna puntare su una cultura di tipo preventivo anche dal punto di vista dell’alimentazione per prevenire le principali patologie, come tumore, malattie cardiovascolari, sindrome metabolica, obesità e così via.
Prima ha detto che all’interno dell’IRCCS Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, è nato un osservatorio sulla salute della donna: è l’unico in Italia? Che tipo di attività svolge?
Sì è l’unico osservatorio salute donna all’interno di un Irccs, per ora. Facciamo ricerca, osserviamo le donne che vengono in cura da noi, attraverso questionari e raccolta dati. Ma creiamo anche luoghi di incontro e condivisione per le pazienti, che possano ricevere un’assistenza anche per quelli che sono i loro bisogni personali, sia psicologici sia fisici. Per esempio la caduta dei capelli in seguito alla chemioterapia, la cura dell’immagine e così via; fino a condividere la propria esperienza e parlarne con altre donne e organizzare eventi culturali, corsi, letture ecc. L’osservatorio e la sua attività sono stati riconosciuti dall’amministrazione e ora fa parte dell’organigramma, ma sta nascendo adesso, è un nuovo progetto. Un’altra cosa che potrebbe fare Onda è proprio incoraggiare la nascita di altri osservatori locali all’interno degli ospedali, come il nostro, che raccolgano dati e osservazioni sulle donne, le patologie e molto altro ancora.
L’intervista è stata realizzata da Cristina Tognaccini, grazie alla collaborazione con RBS – Ricerca Biomedica e Salute, Milano.