Un imponente studio condotto in Danimarca su 51.032 pazienti con emicrania, che sono stati confrontati con 510.320 persone della popolazione generale, quantifica il rischio di malattie cardiovascolari correlato al soffrire di emicrania. Particolarmente elevato tra questi soggetti risulta il rischio di ictus ischemico (+226%) ed emorragico (+ 94%) mentre il rischio di infarto risulta aumentato del 49%; il rischio di tromboembolismo venoso è infine aumentato del 59%. Le categorie più a rischio si confermano le donne e gli emicranici con aura.
L’emicrania è un disturbo abbastanza comune nella popolazione generale (interessa il 15% circa della popolazione, cioè un miliardo di persone nel mondo) caratterizzato da episodi ricorrenti di sintomi neurologici, gastrointestinali e autonomici, isolati o variamente associati tra loro. La sua incidenza aumenta dopo la pubertà e interessa più spesso le donne che gli uomini. E’ un disturbo fortemente invalidante che può avere un impatto importante sulla qualità di vita e sulla capacità lavorativa o di studio.
Già in passato questa condizione è stata associata ad un aumentato rischio di ictus ischemico e di cardiopatia ischemica; alcuni dei probabili meccanismi patogenetici alla base di questa correlazione sono la disfunzione endoteliale, l’ipercoagulabilità, l’aggregazione piastrinica, il vasospasmo, l’embolia paradossa, l’uso (e l’abuso di FANS), l’immobilizzazione.
Scopo di un importante studio, condotto in Danimarca da ricercatori dell’università di Aarhus in collaborazione con i dipartimenti di epidemiologia e di neurologia dell’Università di Stanford (USA), è stato quello di andare a quantificare il rischio di infarto, ictus, arteriopatia periferica, tromboembolismo venoso, fibrillazione o flutter atriale e scompenso cardiaco nei soggetti affetti da emicrania, rispetto alla popolazione generale, utilizzata come coorte di controllo.
Lo studio, pubblicato sul British Medical Journal, ha coinvolto tutti gli ospedali e gli ambulatori ospedalieri danesi dal 1995 al 2013. In totale sono stati arruolati 51.032 pazienti con emicrania che sono stati messi a confronto con 510.320 persone della popolazione generale.
I risultati di questa imponente ricerca indicano che i soggetti con emicrania presentano un rischio assoluto più elevato degli eventi contemplati nello studio rispetto alla popolazione generale. Dopo 19 anni di follow-up le incidenze cumulative di eventi dei soggetti emicranici confrontati con quelli della popolazione generale sono state rispettivamente: 25 contro 17 per l’infarto (aumento di rischio del 49%); 45 contro 25 per l’ictus ischemico (aumento di rischio del 226%); 11 contro 6 per lo stroke emorragico (aumento di rischio del 94%); 27 contro 18 per il tromboembolismo venoso (aumento di rischio del 59%); 47 contro 34 per fibrillazione o flutter atriale (aumento di rischio del 25%). Non sono state riscontrate associazioni significative tra emicrania e scompenso cardiaco o arteriopatia periferica (13 contro 11 casi l’arteriopatia periferica; 19 contro 18 per lo scompenso cardiaco).
L’associazione tra emicrania ed eventi, in particolare per quanto riguarda l’ictus è risultata particolarmente forte entro il primo anno dalla diagnosi, rispetto che nel lungo termine (cioè al follow-up di 19 anni), più importante nei soggetti con aura, rispetto a quelli senza aura emicranica e nelle donne, rispetto agli uomini.
L’emicrania dunque in questo ampio studio danese appare associata con un aumentato rischio di infarto del miocardio, ictus ischemico ed emorragico, tromboembolismo venoso, fibrillazione e flutter atriale. In altre parole, va considerata secondo gli autori un importante fattore di rischio per la maggior parte delle malattie cardiovascolari.
Maria Rita Montebelli
Da QS