La varicella, cosi come l’herpes zoster, può causare un ictus cerebrale. Un’evenienza nota anche se non frequente. A far luce sul legame tra alcune patologie infettive e il rischio di ictus cerebrale è la Federazione A.L.I.Ce. Italia Onlus. La presiedente Nicoletta Reale: “uno dei nostri principali obiettivi è quello di ridurre le conseguenze devastanti dell’ictus cerebrale, patologia che gli esperti definiscono ‘catastrofe umanitaria’”. In 10 anni, l’ictus cerebrale, nei giovani sotto i 45, anni è raddoppiato.
Il virus varicella zoster può predisporre all’ictus cerebrale sia nei bambini che negli adulti. In chi ha avuto lo zoster è stato rilevato un rischio aumentato di essere colpito da questa patologia pari a circa 1,5 volte rispetto a chi non lo ha avuto.
Domenico Inzitari, Ordinario di Neurologia presso l’Università di Firenze, Dipartimento di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino, Neurofarba, ne spiega i motivi. “Oltre ad alterare alcuni fattori della coagulazione – ha detto il professore – il virus induce una infiammazione della parete delle arterie cerebrali (vasculite granulomatosa). Le cellule infiammatorie attivate dal virus infiltrano la parete del vaso e ne restringono il lume, bloccando la circolazione del sangue e provocando un ictus cerebrale anche grave”.
“Questo rischio – ha continuato Inzitari – può giustificare l’impegno della società e delle famiglie nelle vaccinazioni sistematiche dei bambini. Per quanto riguarda l’ictus infanto-giovanile, un recente editoriale, apparso sulla rivista Journal of the American Heart Association, lancia un allarme preoccupante: in pochi anni, l’ictus cerebrale sta raddoppiando nei giovani di età inferiore ai 45 anni, addirittura il 50% in più tra il 2000 ed il 2010. Fino a qualche anno fa in Italia erano circa 10 mila i giovani colpiti da un ictus”.
Varicella, numeri e conseguenze
Nel nostro Paese, ben il 90% dei casi di varicella interessa bambini fino ai 14 anni di età, in particolar modo tra 1 e 4 anni, con una stima di circa 500.000 casi/anno. La varicella, causata da un virus (Varicella Zoster), può comportare complicanze dovute ad un processo infiammatorio reattivo del cervello definito encefalite post infettiva, con gravi manifestazioni neurologiche tra cui disturbi della coscienza di vario grado e crisi epilettiche.
Il fuoco di sant’Antonio
Dopo l’infezione primaria, il virus rimane allo stato latente per tutta la vita nelle radici dei nervi sia cranici che spinali. Con il progredire della età, l’immunità cellulare contro il virus si attenua, ma si può riattivare in queste radici provocando la tipica eruzione cutanea caratterizzata da bollicine e croste distribuite a strisce in varie zone del torace e della testa, accompagnate da bruciore e dolore a volte intenso e persistente. Tale fenomeno, conosciuto come herpes-zoster (volgarmente chiamato fuoco di sant’Antonio) riguarda circa 300 mila italiani all’anno, colpendo chiunque, anche se si registra una maggiore frequenza nella popolazione over cinquanta. Denominatore comune nelle persone colpite da herpes zoster è l’aver avuto, in passato, la varicella. Chi non ha avuto questa malattia esantematica non sviluppa la manifestazione più tardiva del virus denominato, appunto, varicella zoster.
Numeri che hanno spinto A.L.I.Ce. Italia Onlus a mettere in campo delle strategie di sensibilizzazione. “La nostra Associazione – ha detto la presidente Nicoletta Reale – intende portare questo tema all’attenzione della popolazione, delle Istituzioni e della società intera. È molto importante che i medici che trattano pazienti colpiti da queste malattie infettive li rendano consapevoli del rischio aumentato”.
“Uno dei nostri principali obiettivi – ha sottolineato anocra la presidente – è quello di ridurre le conseguenze devastanti dell’ictus cerebrale, patologia che è stata definita dall’organizzazione che riunisce associazioni come la nostra in Europa, Safe (Stroke Alliance for Europe) – una ‘catastrofe umanitaria’, e lo fa dopo aver compiuto un esame dettagliato dell’epidemiologia dell’ictus in oltre 30 paesi che ne fanno parte nel nostro continente”.
“Vogliamo infatti – ha concluso la dottoressa – migliorare la qualità della vita delle persone colpite, che siano bambini, giovani, adulti o anziani, dei loro familiari e delle persone a rischio, cercando di diffondere le conoscenze necessarie per la prevenzione della malattia e di informare sulla sua diagnosi, cura e riabilitazione”.
Da QS