Gli italiani che hanno problemi di salute mentale sono ormai 17 milioni, e in Europa si stima che 4 europei su dieci (circa 165 milioni di persone) si ammalano di un disturbo psichico che li rende vulnerabili e fragili. E la crisi economica degli ultimi anni ha contribuito ad aggravare il problema, anche fra le donne.
Onda, in occasione della giornata Mondiale sulla Salute Mentale, ha coinvolto numerosi ospedali del network Bollini Rosa per una giornata a porte aperte dedicata alla salute mentale nelle donne, per far crescere la consapevolezza che si può fare molto per alleviare il dolore psichico, anche nelle situazioni particolarmente critiche legate a violenza e abusi.
Abbiamo chiesto al Prof. Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Psichiatria, di fornirci qualche numero per avere una misura più chiara del problema.
Uno studio pubblicato su European Neuropsychopharmacology ha preso in esame i dati relativi al 2010 e dimostrato chiaramente che nelle donne almeno un anno di vita ogni tre anni persi è attribuibile a problemi di salute mentale. Negli uomini siamo a uno su quattro, a dimostrazione che le donne sembrano essere più colpite dal problema. Le tre condizioni più frequenti sono depressione, demenza o Alzheimer, e disordini associati all’abuso di bevande alcoliche. Da questi numeri si evince che ogni anno in Europa il 38,2% della popolazione di qualunque età soffre per qualche tempo di un disturbo mentale, e in futuro la situazione peggiorerà.
Quali sono i disturbi più frequenti?
Il 14% della popolazione europea soffre d’ansia, il 7% di insonnia o depressione, ma a queste condizioni si aggiungono i problemi legati all’abuso di bevande alcoliche o sostanze stupefacenti, i disturbi somatoformi, i problemi legati all’attenzione nei minori e tutte le forme di declino cognitivo che colpiscono gli anziani. In Italia sono circa 17 milioni le persone che soffrono di qualche disturbo psichico, aggravato dal perdurare della crisi economica. Fra gli italiani con minori risorse la prevalenza di disturbi d’ansia è di circa il 20% contro il 10 fra chi appartiene ad un ceto sociale più elevato, ed anche il numero dei casi di depressione o di abuso di sostanze raddoppia. Le donne in particolare sono maggiormente esposte a questi disturbi che sfiorano il 40% nelle fasce più svantaggiate, mentre sono al 27% in quelle più abbienti. Possiamo affermare che depressione, ansia, decadimento cognitivo e conseguenze della violenza domestica costituiscono una vera e propria emergenza sociale.
La disponibilità e accessibilità alle cure è adeguata alla situazione?
Purtroppo no. Nonostante le malattie mentali siano fra le cause maggiori di disabilità nella popolazione generale, quindi con un costo sociale molto elevato, l’accesso alle terapie è scarso e gli interventi sono spesso poco tempestivi. A questo problema si aggiunge la scarsità delle risorse stanziate per la ricerca, che in questo settore sono davvero irrisorie. Per spiegare meglio la situazione posso aggiungere che nonostante l’esistenza di efficaci trattamenti psicofarmacologici, solo una percentuale ridotta dei soggetti interessati entra in contatto con un professionista della salute mentale e riceve una terapia adeguata. Il livello di scarso, ritardato o non adatto trattamento di queste condizioni patologiche, non ha eguali nelle altre specialità mediche, e con l’invecchiamento della popolazione andremo incontro ad un peggioramento della situazione. Sembra però evidente che non ci sia ancora una piena consapevolezza della dimensione del problema.
Quali sono gli interventi secondo lei necessari?
Si deve investire di più in ricerca, ma anche nelle campagne di informazione. C’è bisogno di uno sforzo collettivo a livello europeo e nei singoli Paesi per cambiare le convinzioni delle istituzioni e delle persone. Aumentare le risorse destinate alla salute mentale, sia in termini di prevenzione sia di accessibilità alle cure. La possibilità di poter disporre, tramite il Servizio Sanitario Nazionale, delle più recenti innovazioni farmacologiche così come per le altre specialità mediche, deve diventare un legittimo diritto di tutti i soggetti interessati. E, non mi stancherò mai di ripeterlo, bisogna insistere contro la discriminazione e lo stigma della malattia mentale. Vale per tutti, e lo dicono anche le statistiche, vale ancora di più per le donne che ne sono maggiormente colpite. E’ necessario correggere la convinzione che i disturbi psichici femminili siano da attribuire principalmente ai cicli biologici quali gravidanza, parto e menopausa. Le cause di queste patologie sono molto spesso ascrivibili alle condizioni di vita e alla pluralità dei ruoli svolti dalla donna, che possono portare ad un sovraccarico di lavoro, stress e frustrazione. In alcuni e drammatici casi, aggravati da maltrattamenti e abusi, spesso consumati in famiglia. Per questi motivi si deve combattere il pregiudizio che ancora domina il comune pensare e ricercarne le cause culturali e sociali. Porre attenzione ai problemi della salute mentale significa comprendere e rispondere al concetto stesso di salute, definito dall’OMS come uno stato di completo benessere fisico e mentale, intendendo con quest’ultimo una situazione di equilibrio dell’intimo. Per questi motivi, si rende necessaria la diffusione di servizi sul territorio che non siano limitati all’assistenza clinica e ospedaliera, ma che comprendano il supporto psicologico e di aiuto nelle situazioni di criticità che la donna si trova a dover affrontare.
Onda, con il primo Open Day Nazionale, si è mosso in questa direzione. Qual è il bilancio dell’iniziativa, e sarà ripetuta?
Il contributo dell’Osservatorio è stato davvero importante. Grazie al coinvolgimento del network Bollini Rosa e alla risposta di ben 75 ospedali dove è attivo un servizio di salute mentale, disseminati sul territorio nazionale in 14 regioni diverse, parecchie migliaia di cittadini hanno avuto accesso libero a servizi, consulti, informazioni e materiale divulgatvo. Credo che il valore aggiunto di questa iniziativa stia nel fatto che sia stato diffuso un messaggio forte a tutte quelle persone che soffrono magari vergognandosi del loro disagio psichico. Per superare i pregiudizi che ancora aleggiano sui disturbi mentali bisogna parlare del problema e soprattutto dire con decisione che la sofferenza psichica non è una colpa e neppure una debolezza. Le cure ci sono, si può guarire e chiudersi in se stessi non porta benefici né al singolo né alla società, ma può solo peggiorare la situazione. Sono queste le ragioni che ci hanno spinto a promuovere, a Milano, due diversi incontri aperti al pubblico che hanno visto la partecipazione di moltissime persone. Anche l’iniziativa “Attaccati al tram” è stata un grande successo, e ha coinvolto molti giovani volontari che con il loro entusiasmo hanno dato vita ad un evento insolito, rubando sorrisi anche a chi non pensava di farsi coinvolgere da un tema poco dibattuto.
Il successo di questo primo Open Day per la mente è stato grande, come del resto si è già verificato per iniziative analoghe su altre tematiche. Si è dimostrato che c’è un grande bisogno di attenzione da parte del pubblico, certamente accresciuto da una situazione generale di crisi che è fra le più gravi degli ultimi decenni. Faremo del nostro meglio per continuare in questa direzione e ripetere nuovamente una formula ormai collaudata.
(L’intervista è stata realizzata in collaborazione con RBS – Ricerca Biomedica e Salute, Milano)