Sindrome Premestruale, questione di ormoni.

27 Nov 2013

Gli sbalzi ormonali degli estrogeni e del progesterone determinano delle variazioni settimanali nella sensibilità e reattività allo stress che accompagneranno la donna per tutta la sua vita fertile sino alla menopausa.

Non tutte le donne soffrono questa condizione, ma  quando i sintomi si fanno sentire tanto da avere una influenza negativa sul normale svolgimento della vita quotidiana, è bene non sottovalutare il problema.

Perché questo accade? Ne abbiamo parlato con il Prof. Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Psichiatria e Direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli di Milano.

Le prime due settimane del ciclo mestruale sono caratterizzate dall’azione degli ormoni estrogeni e questi sono i giorni in cui una donna è più tranquilla, rilassata, con maggiore predisposizione alla socializzazione. Nelle due settimane successive, quando agli estrogeni si sostituisce un più alto picco di progesterone , compaiono invece  le modalità disfunzionali e reattive che in molti casi non sono spiegabili con  le condizioni ambientali o familiari.

Quindi possiamo dire che la causa è soprattutto ormonale?

Gli steroidi ovarici sono implicati nell’eziopatogenesi dei sintomi dell’umore in premestruo tanto che la sindrome premestruale (SPM) non compare quando è presente una soppressione ovarica come negli anni che precedono il menarca, in gravidanza, o dopo la menopausa.  Nelle donne che soffrono di SPM non sono stati riscontrati livelli di estrogeni e progesterone differenti, ma una modalità di secrezione caratterizzata da un’alterata fluttuazione dei picchi di secrezione ormonale.

Quali sono le conseguenze?

Nel corso della fase premestruale la donna può manifestare una serie di disagi che,  a seconda delle caratteristiche e della gravità,  vengono definiti  Sindrome Premestruale (SPM) di grado  lieve (il più comune), SPM di grado moderato,  SPM grave e Disturbo Disforico Premestruale (DDPM).

Il più invalidante?

L’ultimo, infatti parliamo di un vero e proprio Disturbo Disforico Premestruale (DDMP). In questo caso i sintomi, oltre a presentarsi con le consuete modalità cicliche,  risultano così gravi da interferire in modo rilevante con l’adattamento lavorativo, sociale o interpersonale. Il DDPM tende a cronicizzare e permanere fino alla menopausa.
I sintomi che vengono riportati più di frequente vanno da  una marcata labilità affettiva, irritabilità persistente,  ansia, tensione,  fino alla sintomatologia tipica della depressione.  Alcune donne che nella loro storia hanno sofferto di disturbi d’ansia o depressione,  presentano un peggioramento dei sintomi psichici in fase premestruale. In alcuni casi  i sintomi della SPM o del DDPM possono aumentare con l’età e dopo la gravidanza, in caso di assunzione o sospensione di un contraccettivo orale o in seguito a chirurgia pelvica.

Quante sono le donne interessate da questo problema?

Circa il 75% delle donne presenta Sintomi premestruali minori o isolati; dal 20 al 50% manifesta una SPM, dal 5 al 15% una SPM grave, il 3-5% un DDPM.
Non tutte le donne  soffrono di SPM o ne soffrono in ugual misura. È stata rilevata una predisposizione genetica al disturbo.
La valutazione clinica comprende oltre 300 sintomi fisici e psichici che possono presentarsi isolati o associati tra loro nel premestruo, e  in genere tendono a risolversi dopo l’inizio delle mestruazioni.

Quali sono le terapie consigliate?

L’approccio in Europa è diverso da quello americano,  Per noi resta centrale la relazione, la caratterizzazione in un contesto socio-culturale  della persona.  Poi certo c’è anche l’approccio farmacologico ,  ma con modalità e a dosi più contenute.
La terapia per SPM e DDPM prevede diversi interventi sintomatici per controllare e ridurre la sintomatologia quotidiana e anche trattamenti più curativi. Per i sintomi fisici vengono utilizzati antinfiammatori, diuretici e farmaci ansiolitici. Le terapie ormonali si sono invece rivelate efficaci solo  se in grado di sopprimere l’ovulazione e quindi possono controllare sia i sintomi fisici sia quelli psichici. Se sono predominanti i sintomi psichici si può tentare con la terapia contraccettiva orale, meglio se monofasica ad alto dosaggio di ormoni. Tuttavia diverse evidenze hanno mostrato un effetto inverso rispetto a quello desiderato:  la ” pillola” può procurare un peggioramento dell’umore con ansia e disforia.

Nelle donne che presentano una SPM di grado grave/moderato e nel DDPM,  la terapia psicofarmacologica con l’utilizzo di antidepressivi è risultata la più efficace nel controllo e nella cura della sintomatologia psichica. I farmaci più efficaci utilizzati sono gli antidepressivi della categoria degli SSRI o gli SNRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina o della serotonina/noradrenalina) che agiscono sulla cascata ormonale del progesterone e aiutano a correggere i sintomi psichici. Si possono utilizzare a fasi alterne con somministrazioni che iniziano qualche giorno prima del mestruo e terminano pochi giorni dopo l’inizio del ciclo,  oppure con una somministrazione in continuum. Non sempre però risultano efficaci nella sintomatologia fisica.
E’ comunque fondamentale che  la  scelta terapeutica  sia valutata attentamente con uno specialista. Il mio consiglio se si sospetta di soffrire di SPM grave è quello di rivolgersi prima a un bravo ginecologo, sensibile e attento alla medicina di genere, cioè all’approccio che tiene conto delle differenze tra uomini e donne.

Possiamo quindi parlare di una vera patologia?

Diventa una malattia nel momento in cui il fatto è così intenso e totalizzante da compromettere la normale vita quotidiana. Già nel 1980 l’organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito la SPM nelle malattie del tratto genito-urinario. Poi, con il tempo, gli studiosi hanno ritenuto opportuno farla rientrare nel Manuale Diagnostico fra i disturbi depressivi persistenti, perché l’analisi di numerosi studi ha evidenziato che in alcune situazioni la sindrome è talmente intensa da richiedere appunto un intervento farmacologico mirato.  E’ una situazione che richiede di essere monitorata e può rappresentare un campanello d’allarme  in caso di gravidanza o quando inizierà la menopausa , situazioni nelle quali si potrebbero presentare disturbi  dell’umore più importanti come la depressione post-partum  o nel preclimaterio.

E’ vero comunque che permangono antichi pregiudizi  nei confronti degli sbalzi emotivi che spesso accompagnano la vita delle donne.  Nicla Vassalo, Filosofa Teoretica all’Università di Genova, ha recentemente ricordato  in una intervista rilasciata a D-Repubblica che gli ormoni femminili vengono associati in modo stereotipato ai disturbi e alle debolezze psicologiche  delle donne,  mentre per l’uomo il testosterone  è visto come simbolo di forza e virilità, qualità  associate alla vita e non certo alla malattia. Qual è il suo commento?

E’ bene evitare di alimentare questo tipo di pregiudizi. Uomini e donne sono semplicemente parte di un unico disegno biologico, con caratteristiche diverse ma complementari . Hanno esigenze diverse e reagiscono diversamente alla malattia. La ricerca medica deve  lavorare per assicurare trattamenti che rispondano alla diversità di genere.
In collaborazione con Ricerca Biomedica e Salute, Milano

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