Il carcinoma della mammella è la neoplasia più frequente nel sesso femminile: si ammala una donna su dieci. È la patologia che, per le valenze simboliche di quest’organo, più colpisce la donna nella sua “femminilità”. Annualmente sono diagnosticati in Italia circa 46.000 nuovi casi, di cui solo l’1% nei maschi.
Nonostante tale neoplasia rappresenti ancora oggi la prima causa di morte per tumore nel sesso femminile nel mondo (circa 13.000 decessi/anno stimati), grazie alla diagnosi precoce, ai continui progressi della ricerca e alle nuove terapie utilizzate, molte pazienti possono guarirne, come dimostra il costante trend di crescita dei tassi di sopravvivenza.
Per prevenire il tumore al seno è importante adottare uno stile di vita sano, attivo e dinamico, basato su un’alimentazione equilibrata e varia, ricca di frutta e verdura, povera di grassi. Cruciale è poi il ruolo della diagnosi precoce che permette di individuare il tumore in fase iniziale, consentendo migliore curabilità e dunque maggiori chance di guarigione, minor invasività di intervento e, conseguentemente, migliore qualità di vita per le pazienti.
Il termine “tumore al seno” comprende molte e diverse condizioni di malattia a carico della ghiandola mammaria, classificabili in due grandi categorie:
Il tumore della mammella si sviluppa dalla componente ghiandolare, costituita da una serie di lobuli ghiandolari e di dotti che portano il latte fino al capezzolo. La tipologia più comune di tumore ha origine dalle cellule che rivestono questi dotti e prende il nome di “duttale”. Se invece origina dai lobuli è definito “lobulare” ed è assai meno frequente.
I principali fattori di rischio sono:
Buona abitudine è controllare regolarmente il proprio seno, per individuare alterazioni visibili (cambiamenti della forma del seno, retrazione del capezzolo, secrezioni o perdite ematiche, tumefazioni, cambiamenti dell’aspetto della pelle) ed eventuali noduli sospetti al tatto. Per questo è importante imparare a conoscere il proprio seno attraverso l’autopalpazione come abitudine periodica.
Campanelli d’allarme
Poiché comunque nella maggior parte dei casi il tumore non dà evidenti manifestazioni di sé, è fondamentale sottoporsi regolarmente a controlli specialistici clinico-strumentali.
Per le donne giovani, che non hanno una storia familiare di tumore alla mammella, è consigliabile un controllo clinico annuale del seno. La valutazione clinica può essere eventualmente completata da un’ecografia mammaria, che è l’esame strumentale indicato per la mammella “giovane” in ragione del suo aspetto denso. A partire dai 40 anni (qualche anno prima in caso di familiarità), le donne dovrebbero cominciare a sottoporsi a mammografia, l’esame radiografico della mammella, che rappresenta ad oggi la metodica diagnostica più attendibile, essendo in grado di evidenziare la presenza di tumori mammari non ancora palpabili. Le moderne apparecchiature utilizzano bassi dosaggi di raggi x, consentendo la ripetizione routinaria dell’esame senza eccessivi rischi. Eventualmente la mammografia può essere affiancata, in selezionati casi, da altre più complesse indagini strumentali, come la risonanza magnetica.
Sarà il medico di fiducia a dare indicazioni sulla periodicità e programmazione dei controlli, in base alla storia clinica, personale e familiare, della paziente.
Per approfondire la natura di un nodulo mammario, è possibile ricorrere a esami diagnostici di secondo livello, quali:
Molti sono i fattori biologici che caratterizzano un tumore al seno ed è quindi necessario che il programma di cura sia personalizzato. Quasi tutte le donne, cui è diagnosticato un tumore del seno, indipendentemente dallo stadio, subiscono un intervento chirurgico per rimuovere i tessuti malati. Nei casi in cui è possibile, si ricorre alla chirurgia conservativa, asportando solo la parte in cui si trova la lesione; questa tecnica è chiamata quadrantectomia, perché prevede l’asportazione di solo un quadrante di seno. Talvolta è necessario un intervento più esteso, in questo caso si parla di mastectomia parziale. Forme molto avanzate di cancro necessitano d’interventi demolitivi e vengono trattate con l’asportazione di tutta la ghiandola (mastectomia radicale) ed, eventualmente, del muscolo pettorale (in parte o in toto).
Durante l’intervento il chirurgo può anche procedere ad asportare i linfonodi dell’ascella. Per sapere se questi sono coinvolti si usa la tecnica del linfonodo sentinella, cioè si identifica il linfonodo più vicino al tumore e se questo risulta privo di cellule tumorali all’analisi al microscopio, non si asportano gli altri, altrimenti si procede allo svuotamento del cavo ascellare.
Molto importante è l’esame istologico condotto dal laboratorio di anatomia patologica sul pezzo operatorio, poiché fornisce tutte le caratteristiche proprie del tumore, indispensabili per definire un programma di cura specifico e personalizzato. È una sorta d’identikit, che ci dice se il tumore è aggressivo, a lenta crescita, sensibile agli ormoni, etc.
L’intervento è generalmente seguito dalla radioterapia, che consiste nell’uso di radiazioni ad alta energia per distruggere le cellule tumorali, cercando al tempo stesso di danneggiare il meno possibile le cellule normali. Il trattamento radioterapico può essere combinato a farmaci. In alcuni centri, se sussistono le indicazioni, è possibile eseguire la cosiddetta radioterapia intraoperatoria, che consiste nell’irradiazione dell’area colpita dal tumore nel corso dell’operazione stessa.
Nonostante l’asportazione chirurgica del tumore, c’è sempre il rischio di una ricaduta. Per questa ragione alla maggior parte delle pazienti, anche se il tumore è in fase iniziale, viene proposta la chemioterapia, che consiste nella somministrazione di farmaci che impediscono la divisione e la riproduzione delle cellule tumorali. In alternativa, qualora il tumore sia risultato all’indagine istologica ormono-dipendente, cioè sensibile all’azione degli ormoni per la presenza di specifici recettori, viene posta indicazione per il trattamento a base di terapia ormonale. In alcuni casi la chemioterapia viene somministrata prima dell’intervento per ridurre la dimensione e l’aggressività del tumore (si parla, in questo caso, di chemioterapia neoadiuvante).
Sia con la chirurgia conservativa e sia nel caso di mastectomia, è possibile procedere alla ricostruzione del seno: se la donna deve sottoporsi a sedute di radioterapia si tende ad aspettare la fine di questa cura, poiché questa interferisce con i processi di cicatrizzazione, altrimenti si procede alla plastica del seno nel corso dell’intervento stesso.
Le misure terapeutiche oggi a disposizione per curare il tumore alla mammella sono estremamente efficaci. L’efficacia è maggiore tanto più precocemente viene diagnosticato il tumore, quando è ancora di piccole dimensioni ed è limitato al tessuto ghiandolare di origine.
La raccomandazione è dunque quella di eseguire controlli clinici e strumentali regolarmente, secondo le tempistiche indicate dal vostro medico di fiducia in base alla vostra storia clinica, personale e familiare.
L’incremento del numero di nuove diagnosi di tumore mammario in età fertile, la diagnosi precoce e i successi terapeutici raggiunti grazie al continuo avanzamento della ricerca – che hanno contributo a migliorare sensibilmente la prognosi oncologica delle pazienti, incrementando in misura significativa il tasso di sopravvivenza –, il progressivo spostamento in avanti dell’età materna alla prima gravidanza (le stime prospettiche parlano di una percentuale di gravidanze in donne ultra-trentacinquenni pari al 25% nel 2025 contro il 12% rilevato agli inizi degli anni Novanta), hanno portato a far emergere nuove e complesse problematiche sulle quali le donne hanno molti interrogativi e timori: cosa succede quando un tumore mammario viene diagnosticato in gravidanza, quali sono gli effetti delle cure anti-tumorali su una gravidanza in corso o futura, quali sono i danni prodotti dalle terapie oncologiche sulla fertilità, è possibile preservare la fertilità? Si tratta di tematiche molto delicate in cui al desiderio di maternità, si contrappone la difficile e dolorosa esperienza di una malattia che segna profondamente la donna, minandone femminilità e progettualità. Ecco perché fertilità e gravidanza nelle donne affette da tumore al seno sono diventate tematiche di grande interesse ed attualità che meritano, da parte degli specialisti oncologi, particolare sensibilità, attenzione e competenza. La donna deve essere sempre correttamente informata in modo da poter compiere con consapevolezza le proprie scelte prima dell’avviamento del programma terapeutico anti-tumorale.
Tutti i trattamenti antitumorali possono danneggiare in maniera anche permanente la fertilità; proprio per questo, dal 2006, la Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO) raccomanda che tutti i giovani pazienti ai quali venga proposto un trattamento oncologico, siano informati sulle ripercussioni che questo potrebbe avere sulla fertilità e sulle possibili strategie per preservarla.
La chemioterapia, che è una delle opzioni usualmente impiegate nel trattamento del carcinoma mammario, prevede l’impiego di farmaci “sistemici” che non colpiscono in modo selettivo le cellule tumorali, ma bersagliano anche i tessuti sani, tra cui quello ovarico in cui si determina una riduzione del patrimonio follicolare (i follicoli sono le strutture ovariche la cui maturazione porta alla formazione dell’ovocita, la cellula femminile del concepimento). Tutti i chemioterapici possono danneggiare le ovaie, ma l’entità del danno in termini di effetto tossico varia secondo il trattamento (tipo di farmaco, dosaggi) e dalle caratteristiche individuali, prima fra tutte l’età.
Ad oggi, le tecniche consolidate per prevenire l’infertilità da chemioterapia sono la raccolta di ovociti prima di iniziare il trattamento, la loro crioconservazione e il congelamento di embrioni (consentito nel nostro Paese, secondo la normativa vigente contenuta nella Legge 40/04, solo in limitati specifici casi). Sono anche disponibili farmaci (come l’analogo dell’LH-RH) che “mettono a riposo” le ovaie: somministrati prima e durante la chemioterapia, sono in grado di ridurne la tossicità a livello delle ovaie. Gli studi condotti sino ad ora hanno documentato che il farmaco diminuisce l’incidenza di amenorrea (perdita dell’attività mestruale) nelle donne sottoposte al trattamento combinato (chemioterapia + analogo) rispetto alle pazienti che hanno fatto la sola chemioterapia.
Il tumore al seno richiede percorsi diagnostico-terapeutici altamente specializzati, gestiti da équipe multidisciplinari, composte da diverse figure professionali di formazione specifica e di esperienza consolidata.
I dati prodotti dalla letteratura scientifica in materia evidenziano che le donne curate nei centri di Senologia specializzati, in cui sono presenti équipe multidisciplinari, hanno più possibilità di guarire con una percentuale di sopravvivenza più alta del 18% rispetto a coloro che si rivolgono a strutture non specializzate e hanno una migliore qualità di vita.
Per questo è fondamentale rivolgersi a centri di Senologia (anche conosciuti come Breast Unit) in possesso di tutti i requisiti codificati a livello nazionale e internazionale* necessari per garantire assistenza qualificata, percorsi di cura personalizzati e sostegno adeguato nelle diverse fasi della malattia.
*Nel 2000 la European Society of Breast Cancer Specialists (Eusoma) ha pubblicato le raccomandazioni sui requisiti che dovrebbe avere un centro di senologia che sono state aggiornate nel 2013.
In Italia il gruppo di lavoro istituito presso il Ministero della Salute, formato da alcuni dei massimi esperti italiani in senologia (Gruppo di lavoro per la definizione delle specifiche modalità organizzative ed assistenziali della Rete delle Strutture di Senologia) ha redatto il documento “Linee di indirizzo sulle modalità organizzate ed assistenziali della rete dei centri di senologia” che, nel dicembre del 2014, è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni.
Per approfondimenti: http://europadonna.it/breast-unit-il-libro/
Senonetwork Onlus è l’Associazione che dal 2013 in Italia promuove la multidisciplinarietà e il controllo di qualità nella cura del tumore della mammella con l’obiettivo di favorire il trattamento della patologia in centri dedicati che rispettino i requisiti europei per offrire a tutte le donne pari opportunità di assistenza.
Per conoscere i Centri che afferiscono al network: http://www.senonetwork.it/centri
Alcuni centri italiani sono anche in possesso della Certificazione EUSOMA.
Visita il sito www.bollinirosa.it
Per conoscere i Centri che afferiscono a Senonetwork visita questo sito.
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C.so Moncalieri, 18 Torino
Tel. 3895249585
AIOM – Associazione Italiana di Oncologia Medica
www.aiom.it
AIRC – Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro
www.airc.it
European Society of Breast Cancer Specialists
www.eusoma.org
Fra Parentesi – Risposte, idee e molto altro per me (e il mio tumore)
LILT – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori
www.lilt.it
Scuola Italiana di senologia
www.senologia.it
Senology
www.senology.it
SICO – Società Italiana Chirurgia Oncologica
www.sicoonline.org
Tumori in Italia
www.tumori.net
La prima edizione del Congresso Onda sulla salute della donna è giunta dopo tanti sforzi e passi avanti compiuti in questi ultimi anni per promuovere una medicina genere-specifica.
La presenza di alcuni tipi di varianti patogenetiche (cosiddette “mutazioni”) a carico dei geni BRCA aumenta sensibilmente il rischio di sviluppare alcuni tumori, in particolare alla mammella e all’ovaio. Si stima che circa il 5-10% dei tumori della mammella e circa il 10-20% dei tumori ovarici riconoscano una base di predisposizione ereditaria, di cui i geni BRCA rappresentano la frazione più rilevante.