Dopo aver avuto risultati entusiasmanti sul controllo del dolore neuropatico pelvico attraverso la neuromodulazione, il medico francese, da anni attivo in Germania e Svizzera, ci racconta la sua nuova sfida che consiste nell’usare questa tecnica per restituire l’uso delle gambe ai paraplegici. E intanto l’università danese di Aarhus gli offre la prima cattedra al mondo in neuropelveologia
Si chiama neuropelveologia ed è una nuova branca, a cavallo tra medicina e chirurgia, che sfrutta i principi non certo nuovi della neuromodulazione applicandoli però a contesti di patologia inediti. I risultati, a detta di chi la pratica, e sono non più di una trentina gli esperti in tutto il mondo (in Italia il professor Vito Chiantera, professore associato di ginecologia, Università del Molise e Direttore dell’Oncologia Ginecologica della Fondazione di Ricerca e Cura ‘Giovanni Paolo II’ di Campobasso), sono sorprendenti. Quando non addirittura strabilianti. La sua versatilità è tale, che dopo averla utilizzata per il trattamento delle neuropatie pelviche incoercibili, di recente ha permesso di affacciarsi ad una nuova sconvolgente frontiera: restituire l’uso delle gambe alle persone con lesioni midollari incomplete. Ai paraplegici insomma.
Per capire di cosa si tratta abbiamo intervistato il professor Marc Possover, fondatore di questa nuova branca e ideatore delle sue molte applicazioni invitato sabato scorso a Milano in occasione di un incontro promosso dai ginecologi Sigo, Aogoi e Agui in occasione della manifestazione “I dialoghi della chirurgia italiana” ideata dal Cic. Possover, laureatosi all’Università di Nancy ad appena 22 anni, è attualmente professore associato di Ginecologia all’Università di Colonia (Germania) e dirige il Possover International Medical Center presso la Klinik Hirslanden, un centro privato sulle sponde del lago di Zurigo. La prestigiosa Università di Aarhus (Danimarca) gli ha appena conferito la cattedra di Neuropelveologia, la prima al mondo.
“Tutto ha avuto inizio una ventina di anni fa – spiega Possover – quando come ginecologo effettuavo interventi in laparoscopia, quali isterectomie e linfadenectomie. La laparoscopia consente di vedere molto meglio che negli interventi a cielo aperto e ci si può spingere più in profondità nella pelvi. Quando abbiamo cominciato ad utilizzare gli interventi laparoscopici per la ginecologia oncologica, abbiamo ottenuto risultati chirurgici migliori al prezzo però di una maggiore morbilità, in particolare disfunzioni sessuali, vescicali e intestinali. A quel punto avevamo due possibilità: limitare la radicalità della procedura o cercare di rispettare quello che era alla base di questi problemi, cioè i nervi”.
La tecnica laparoscopica consente di esplorare a fondo al pelvi e di visualizzare anche i nervi con diametro inferiore al millimetro.
“Il nostro primo step – prosegue Possover – è stato dunque imparare la localizzazione dei nervi coinvolti nella funzionalità della vescica, dell’intestino e delle funzioni sessuali.
Il secondo passo è stato quello di rispettare questi nervi nel corso degli interventi ginecologici (chirurgia ‘nerve-sparing’); questa tecnica ci ha consentito di aumentare la radicalità degli interventi, senza produrre danni alle strutture nervose, riducendo cioè la morbilità della procedura.
Nel corso del nostro lavoro ci capitava inoltre di vedere pazienti con dolori pelvici (vescicali, vaginali, ecc) molto intensi. In ambito ginecologico vediamo spesso pazienti con sindromi dolorose (vulvodinia, coccigodinia, ecc) per le quali non si riesce a fare molto. L’esame ginecologico è in genere perfettamente normale ma queste pazienti soffrono molto. Anche alcuni pazienti con sciatalgia non riescono a risolvere il loro problema perché nessuno riesce a trovarne la causa. Abbiamo allora cominciato a pensare che potessimo sfruttare le conoscenze acquisite nell’innervazione pelvica per combattere questi dolori”.
E così sette/otto anni fa Possover comincia a sottoporre ad esplorazione laparoscopica dei nervi pelvici le donne che gli venivano riferite per dolore pelvico intrattabile, a volte trovando la causa, come ad esempio un’endometriosi dei nervi pelvici o dei nervi ischiatici; altre volte trovando degli schwannomi dei nervi pelvici o sindromi da intrappolamento causate da un fascio muscolare, da un legamento, da vasi venosi (varicocele). Ma in molti casi non è stato possibile rintracciare alcuna causa.
“Per le forme di dolore intrattabile senza un’eziologia apparente – ricorda Possover – abbiamo allora deciso di introdurre la chirurgia neurofunzionale dei nervi pelvici”.
I neurochirurghi, da molti anni utilizzano la neurostimolazione per modificare la percezione del dolore proveniente da alcune zone; la tecnica consiste nell’impianto di minuscoli elettrocateteri collegati ad un generatore di impulsi, una sorta di pacemaker.
Ma Possover non ha intenzione di fermarsi qui. “La stimolazione nervosa può essere utilizzata non solo per bloccare la trasmissione dell’informazione ‘dolore’ al cervello ma anche per stimolare dei nervi motori. Negli ultimi 4-5 anni abbiamo osservato che, applicando questa tecnica ai nervi femorali o ischiatici, riusciamo a produrre un movimento delle gambe, o a far contrarre lo sfintere vescicale o del retto. Da qui è nata l’idea di utilizzare la stimolazione elettrica dei nervi pelvici nei paraplegici, impiantando degli elettrocateteri sui nervi pelvici di questi pazienti e collegandoli ad un piccolo ‘pacemaker’ posizionato in una tasca sottocutanea. Questo ci ha consentito di far muovere le gambe di pazienti paraplegici, all’inizio in maniera indipendente dalla loro volontà. Ma abbinando questa metodica ad un training specifico, siamo riusciti a far camminare una trentina di pazienti, in alcuni casi al termine del training anche senza elettricità per qualche centinaio di metri”.
“Uno dei primi pazienti che ho operato insieme al professor Possover ormai qualche anno fa – ci racconta il professor Chiantera – è in grado oggi di farsi ‘passeggiate’ di oltre 3 chilometri ogni giorno, anche se con un’andatura un po’ forzata. E’ un uomo di un metro e novanta che fino a tre anni prima era sulla sedia a rotelle e che adesso va in giro per la sua città con le stampelle. La stimolazione elettrica dà loro la possibilità di stabilizzare i glutei e di muovere in avanti la gamba. Ma la cosa più importante è che il paziente abbia un’altissima motivazione. Non camminano certo il giorno dopo l’impianto degli elettrodi; servono molti mesi di training, è un processo molto lungo, che richiede anche un paio di anni. la prossima primavera all’università di Aarhus partirà uno studio randomizzato su pazienti paraplegici, con l’impiego di questa metodica”.
La procedura LION ( impianto selettivo di elettrodi sui nervi pelvici), secondo Possover aiuterà i pazienti paraplegici (per ora è stata effettuata solo su pazienti con lesioni spinali incomplete e preferibilmente con paralisi spastiche e livello delle lesioni a partire da T12, cioè con buon controllo del tronco) a camminare e forse a recuperare anche il controllo dello sfintere vescicale, delle funzioni intestinali e sessuali. Ma il vulcanico scienziato sta già pensando ad ulteriori applicazioni di questa tecnica, come nei bambini con spina bifida, nel dolore da arto fantasma, per controllare incontinenza e vescica iperattiva. L’applicazione principe di questa metodica resta però al momento il controllo del dolore neuropatico. “L’applicazione della metodica sui paraplegici è certamente interessante ma ancora sperimentale – afferma Chiantera – Una solida realtà, in grado di dare sollievo a milioni di uomini e di donne è invece il blocco dei dolori pelvici. Questi pazienti passano anni a soffrire di dolori fortissimi che nessuno è in grado di risolvere. Questa tecnica può offrire loro una soluzione”.
Il professor Possover ha appena creato ua società scientifica la International Society of Neuropelveology (ISON) che riunisce tutti gli esperti mondiali di neuropelveologia. Il sito (www.theison.org) non è al momento visitabile poiché bloccato da un virus.
L’articolo su Quotidiano Sanità