Malattia di Alzheimer

La malattia di Alzheimer (MA) rappresenta la forma più frequente di demenza: è presente in circa il 7% degli ultra-sessantacinquenni e arriva a interessare un anziano su tre dopo gli 85 anni.
La malattia esordisce lentamente e subdolamente con piccole dimenticanze, perdita d’interessi, modificazione della personalità. Subentrano poi disturbi della memoria, del linguaggio, del riconoscimento e dell’orientamento, incapacità a compiere azioni finalizzate e disturbi comportamentali.
Poiché non se ne conosce la causa, non esiste a tutt’oggi un’efficace terapia: i farmaci di cui disponiamo oggi si limitano a rallentare la progressione della malattia.

La MA costituisce una malattia spesso drammatica e devastante, non solo per il paziente, ma anche per l’ambiente familiare che lo circonda. Nella maggior parte dei casi la donna è il familiare di riferimento della persona malata, trovandosi così a dover gestire, spesso con grande difficoltà, fatica e con scarso supporto da parte delle Istituzioni, una situazione di estremo impegno e logorio sia fisico che psicologico.

Approfondimenti

La MA si manifesta generalmente dopo i 65 anni, anche se non è raro l’esordio in persone più giovani.  Risulta più frequente nel sesso femminile: si calcola che il 5.2 % degli uomini ultra65enni sia affetto da demenza di Alzheimer contro il 7.5 % delle donne.
Le cause non sono ancora state ad oggi identificate, anche se è noto che una prolungata carenza di estrogeni rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo di questa patologia (venendo meno il ruolo “neuroprotettivo” svolto da questi ormoni). Nelle donne che hanno una più lunga aspettativa di vita rispetto agli uomini e che devono fare i conti con molti anni di carenza estrogenica, la MA risulta infatti più frequente rispetto alla popolazione maschile.
La malattia esordisce in modo subdolo con una sintomatologia sfumata, caratterizzata da piccole dimenticanze, perdita d’interessi e modificazione della personalità. Con il tempo queste manifestazioni diventano più marcate accompagnandosi a disturbi della memoria, del linguaggio, del riconoscimento e dell’orientamento, e all’incapacità a compiere azioni finalizzate. Spesso non sono i disturbi cognitivi, ma i disturbi del comportamento a creare gravi problemi nella gestione del paziente con MA al domicilio: questi includono ansia, agitazione, deliri, allucinazioni, aggressività, vagabondaggio afinalistico, insonnia, disturbi dell’alimentazione.
Per quanto riguarda i disturbi comportamentali, non si deve dimenticare che, oltre a riconoscere una causa biologica legata al progressivo danneggiamento neuronale, possono essere correlati ad altri fattori, quali: effetti collaterali da assunzione di farmaci o interazioni tra farmaci; patologie fisiche concomitanti, come malattia dell’apparato cardiovascolare, polmonare o urinario; fattori ambientali come cambio di casa, domicilio non adeguato alle mutate condizioni del paziente.

Attualmente non ci sono cure per la MA atte a fermare il deposito di placche e grovigli neurofibrillari e la morte cellulare. I trattamenti farmacologici e non farmacologici aiutano a rallentare la malattia e “controllano” i sintomi cognitivi e comportamentali.
Due categorie di farmaci sono state approvate e quindi messe in commercio per il trattamento dei disturbi cognitivi.
La prima categoria è rappresentata dagli inibitori delle colinesterasi, che sono stati studiati per prevenire la grave riduzione di acetilcolina, un messaggero chimico importante per i processi di memoria e apprendimento, particolarmente deficitario nella MA. In sostanza, cercando di mantenere elevati i livelli di acetilcolina, questi farmaci supportano la comunicazione tra neuroni.
Sono indicati in genere nelle fasi iniziali e intermedie di malattia.
La seconda categoria di farmaci tende a regolare l’attività del glutammato, un differente messaggero chimico coinvolto nel processamento delle informazioni. Un solo farmaco di questa categoria è in commercio ed è consigliato nelle fasi moderate o severe di malattia.
Spesso viene anche prescritta la vitamina E: alcuni studi evidenziano che il suo potere antiossidante concorre a proteggere i neuroni dagli insulti della malattia, rallentando così il declino funzionale cerebrale.
Nell’approccio terapeutico ai disturbi comportamentali è sempre opportuno valutare attentamente se questi sono secondari ad altri fattori (farmacologici, patologici o ambientali) o direttamente correlabili ai processi neurodegenerativi della malattia.
Oltre alla terapia farmacologica, esistono interventi non farmacologici atti a mantenere e sostenere le abilità residue del paziente. La stimolazione della memoria e di altre funzioni cognitive (in gruppo o singolarmente) è alla base di questo tipo d’interventi che ha visto negli ultimi anni il fiorire di molti e significativi approcci al malato di Alzheimer nelle varie fasi di malattia. Sono interventi complessi che possono essere effettuati solo da equipe altamente specializzate e per questo sono piuttosto costosi.
Infine risultano di grande importanza le attività d’informazione, formazione e sostegno dei familiari caregiver.

Informazioni

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AIMA – Associazione Italiana Malattia di Alzheimer

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Via Varazze, 6 20149 Milano

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Tel. 0289406254 - Fax: 0289404192

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AU - Alzheimer Uniti

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Tel. 0658899345 - Fax 0658899345

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Federazione Alzheimer Italia

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Via Alberto da Giussano, 7 20145 Milano

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Tel. 02809767 - Fax 02875781

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Fondazione Manuli

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Via Vittor Pisani, 22 Milano

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Tel. 026703140 - Fax: 026702843

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Primo Ascolto Alzheimer

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SOS Alzheimer Onlus

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Tel. 3332611370

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http://www.sosalzheimer.it

Società Italiana di Neurologia
www.neuro.it

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