La sclerosi multipla è una malattia neurologica cronica, tipicamente declinata al femminile (63,8% contro 36,2%), che riconosce un meccanismo immunopatologico. L’origine è ad oggi sconosciuta, ma si ipotizza che a fattori genetici predisponenti si sovrappongano concause ambientali non ancora precisamente identificate.
In ragione della natura cronica, del decorso imprevedibile caratterizzato da riacutizzazioni, del quadro clinico progressivamente invalidante nonché dell’insorgenza in giovane età (nella maggioranza dei casi esordisce tra i venti e i quarant’anni), questa patologia è stata identificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità tra le quelle socialmente più costose.
In Italia sono affette da sclerosi multipla oltre 60.000 persone con circa 1800 nuovi casi l’anno.
La sclerosi multipla è una malattia complessa che necessita di percorsi clinici, diagnostici, terapeutici e riabilitativi altamente specializzati e multidisciplinari.
I processi immunopatologici che caratterizzano la malattia e che comportano la progressiva distruzione delle guaine mieliniche deputate alla trasmissione degli impulsi nervosi, possono colpire qualsiasi area del sistema nervoso centrale, traducendosi in quadri clinici neurologici caratterizzati da ampia variabilità in termini di manifestazioni cliniche e progressione.
Ai sintomi che in genere caratterizzano l’esordio della malattia e che sono rappresentati da disturbi visivi e della sensibilità periferica, affaticamento e debolezza, se ne possono affiancare numerosi altri: tra i più comuni si annoverano i disturbi intestinali, vescicali, sessuali, cognitivi, ma possono anche riscontrarsi, seppur più raramente, epilessia, cefalea, ipoacusia, disfagia, problemi respiratori …
In base all’evoluzione della malattia sono state distinte diverse forme di sclerosi multipla.
Esiste una forma benigna, che si stima rappresenti il 20% dei casi, caratterizzata da episodi acuti in genere associati a sintomi sensitivi (parestesie) o visivi (neurite ottica) e che esitano in un recupero funzionale completo.
La forma clinica più frequente è quella a decorso recidivante-intermittente, in cui episodi acuti di malattia, destinati a regredire del tutto o parzialmente, si alternano a periodi di remissione e dunque di benessere. In circa il 30-50% dei casi tali forme evolvono, entro dieci anni, nella cosiddetta sclerosi multipla secondariamente progressiva, caratterizzata dall’instaurarsi di un quadro di disabilità persistente e a progressione ingravescente.
La sclerosi primariamente progressiva, che costituisce meno 10% dei casi, non presenta ricadute nel suo decorso ma una sintomatologia che, una volta esordita, evolve lentamente nel tempo. Una minima percentuale di questi pazienti presenta, oltre a un quadro clinico ad andamento progressivo, episodi acuti di malattia con scarso recupero successivo.
La formulazione della diagnosi di sclerosi multipla si basa sull’integrazione di più elementi: sintomatologia lamentata dal paziente, obiettività rilevata in sede di visita neurologica e risultanze offerte dagli esami strumentali (risonanza magnetica e potenziali evocati) nonché di laboratorio (sangue e liquor). Fondamentale, ai fini diagnostici, è stato lo sviluppo delle metodiche di risonanza magnetica, che hanno aumentato notevolmente la sensibilità nell’individuare le lesioni della sostanza bianca.
Attualmente viene fatto riferimento ai criteri diagnostici di Mc Donald che, enunciati per la prima volta nel 2001 dal Gruppo Internazionale per la Diagnosi della sclerosi multipla, sono stati successivamente revisionati e implementati; l’ultima versione aggiornata risale al 2011 (Polman CH, Reingold SC, Banwell B et al., Diagnostic criteria for multiple sclerosis: 2010 Revisions to the McDonald criteria, Annals of Neurology, 2011; 69: 292-302).
Tratto da Libro bianco di Onda, 2013
Fino agli anni ‘90 la sclerosi multipla non è stata curabile, essendo disponibile unicamente la terapia d’attacco per contrastare l’infiammazione acuta a base di cortisone.
Successivamente è stato introdotto l’interferone-beta e da allora la ricerca farmacologica ha portato all’introduzione di nuove molecole che si sono dimostrate estremamente efficaci nel rallentare la progressione della malattia e dunque nel ridurre la disabilità.
I grandi progressi della ricerca nell’ambito della sclerosi multipla hanno consentito di comprendere, nonostante le cause della malattia non siano ancora state identificate, i meccanismi patogenetici alla base, permettendo così di arrivare a una diagnosi precoce e dunque ad impostare tempestivamente un trattamento farmacologico in grado di garantire ai pazienti una buona qualità di vita.
Pur essendo una malattia complessa e imprevedibile, la sclerosi multipla non riduce l’aspettativa di vita rispetto alla popolazione generale e per questo diventa un aspetto fondamentale quello di riuscire a migliorare la qualità della vita di queste persone in tutti gli ambiti, personale, familiare, sociale e lavorativo.
Attualmente i farmaci per la sclerosi multipla sono distinti in due categorie, “di prima” e di “seconda linea”; questi ultimi, che rappresentano i prodotti più innovativi, sono destinati ai casi in cui i primi hanno fallito o in cui la malattia esordisce con elevata aggressività.
Nella famiglia dei farmaci immunomodulanti, l’interferone è stato affiancato dal Glatiramer acetato, una miscela di quattro amminoacidi che riproduce la composizione di una proteina della mielina. Tra gli immunosoppressori in uso, allo stato solo il mitoxantrone è stato approvato nella terapia della sclerosi multipla.
Tra le terapie monoclonali, che rappresentano una nuova frontiera per le malattie autoimmuni, per la sclerosi multipla è stato introdotto il Natalizumab, dimostratosi efficace nel ridurre le ricadute, nel contrastare l’attività infiammatoria di malattia e quindi la comparsa di nuove lesioni nonché nel ritardare la progressione della disabilità.
Tra le terapie innovative, il Fingolimod (FTY720), che oltre a possedere un innovativo meccanismo di azione, rappresenta il primo trattamento orale approvato per la sclerosi multipla. Si tratta di un aspetto non marginale, considerati i vantaggi in termini di aderenza correlati alla terapia ad assunzione orale per patologie croniche.
Numerose sono le molecole ad ora in fase di sperimentazione.
Grande interesse e forti polemiche ha suscitato l’ipotesi del professor Zamboni, chirurgo vascolare di Ferrara, secondo la quale l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI) osservabile nel cervello dei pazienti, conseguente ad occlusioni o restringimenti, sarebbe responsabile di una ridotta ossigenazione con conseguente danno delle cellule produttrici di mielina e infiammazione.
Sulla possibile associazione tra CCSVI e sclerosi multipla è stata condotta la ricerca CoSMo, che ha coinvolto oltre 1700 pazienti afferenti a 35 centri, e che non ha confermato tale ipotesi. Intanto è stato avviato il trial multicentrico Brave Dreams, l’unica sperimentazione clinica randomizzata in doppio cieco in corso in Italia per valutare efficacia e sicurezza dell’intervento di disostruzione venosa per pazienti con sclerosi multipla e diagnosi di CCSVI. Sono stati avviati studi anche oltreoceano; in particolare le Associazioni Sclerosi Multipla, americana e canadese, si sono impegnate per sostenere sette progetti di ricerca finalizzati ad analizzare la relazione tra CCSVI e sclerosi multipla. Ad oggi sono stati pubblicati i risultati preliminari di uno di questi, condotto in singolo cieco, che non ha confermato una correlazione causale tra le due patologie.
Tra le prospettive terapeutiche future, si profila anche l’impiego di cellule staminali.
Nel nostro Paese è in atto una politica restrittiva rispetto alle terapie innovative che, di fatto, ne limita l’accessibilità. Secondo i dati disponibili, il 9% dei pazienti in cura per la sclerosi multipla viene trattato con i preparati di ultima generazione con marcate differenze interregionali e percentuali al di sotto della media nazionale ad esempio in Campania (4,7%), Sicilia (7,8%), Toscana (5,6%), Veneto (6,5%), Emilia Romagna (7,2%) e Marche (7,3%). Eppure queste terapie si sono dimostrate costo-efficaci, poiché incidono positivamente sui costi indiretti, riducendoli, con vantaggi per il singolo ma anche per la collettività. A ciò si aggiunge il fatto che il Servizio Sanitario Nazionale non rimborsa i farmaci sintomatici di cui moltissimi pazienti affetti da sclerosi multipla fanno uso, come antispastici, antiinfiammatori, urologici a causa delle numerose manifestazioni cliniche accessorie.
Rimane un ultimo importante aspetto da menzionare. Per il trattamento della sclerosi multipla, alle cure farmacologiche, destinate a ridurre l’entità delle riacutizzazioni, a prevenire le ricadute e a rallentare il decorso della malattia, deve essere affiancato un programma riabilitativo individuale, che prevede l’intervento coordinato e sinergico di più figure professionali in grado di rispondere efficacemente alle molteplici esigenze di carattere funzionale, psicologico e sociale di questi malati.
Tratto da Libro bianco di Onda, 2013
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L'importanza della prevenzione della Sclerosi multipla.